Chi fa da sé fa per tre

di Michele Girardi

Da qualche tempo le recensioni di Amazon si sono animate di un nuovo fervore. È bastato che qualche lettore, fra i quali il sottoscritto, firmando con nome e cognome, esprimesse con franchezza il suo parere sull’opus magnum di Bianchini e Trombetta per vellicare l’orgoglio dei due – in verità presumo che si tratti di banali interessi economici: peggio se ne dice e meno si vende, specie se chi recensisce, a differenza dei sunnominati, ha una reputazione in campo musicale che costoro svillaneggiano autoproclamandosi musicologi (insegnano tutt’altro in Valtellina).

E lì sono comparsi giudizi fulminei a cinque stelle, solo raramente più articolati (e sono ancor peggio). Si può constatare facilmente: 1. che sono stati espressamente redatti in opposizione alle recensioni negative, 2. che molti degl’improvvisati critici fanno parti della cerchia ristretta degli amici della coppia (si riconoscono per la facilità di scadere nel turpiloquio) e 3. che gli argomenti addotti sono friabili e contradittori. E brillano per la logica dei contrari. Scrivono in un italiano pedestre, simile a quello della coppia in questione, e quando gli si fa notare, in ottimo italiano, che così brillanti non sono scattano sull’attenti nell’insulto.

Queste recensioni vengono poi riprese nel sito del signor Bianchini, in quello del volume, talora in quello della moglie e così via, apprezzati da numerosi mi piace, fra i quali quelli degli autori stessi. Ecco quindi che, leggendo una recensione apparsa in una data significativa, l’otto settembre, si va a cercare un riscontro nel sito di Amazon e in altri. Sorpresa: non c’è, almeno fino ad oggi (magari verrà inserito dopo? chissà…). Ma allora, di che recensione si tratta?

Non è affatto difficile scoprirlo, basta inserire qualche frase online e ci si arriva: si tratta di un articolo apparso nel «Corriere delle alpi» il 21 marzo 2008, firmato dall’autore della pretesa recensione (http://ricerca.gelocal.it/…/cor…/2008/03/21/AT3PO_AT303.html). Credo che non serva aggiungere altro, se non invitare il lettore a controllare il post in questione e l’articolo di riferimento. Magari si noterà che vi si propaganda un’ipotesi farlocca in merito alla fine di Mozart per bastonatura in ambito massonico, e che si attribuiscono a un compositore di Motta di Livenza la maggior parte delle opere di Mozart e Haydn. Una tesi che fa aggricciare i denti alla sola enunciazione.

Ma non posso trattenermi da una breve osservazione su quel che afferma il Bianchini, rispondendo a messaggi davvero un poco eccentrici, ai quali aggiunge la ciliegina sulla torta. Difendendo il padre di questo specifico negazionismo, un matematico molto aggressivo anche se a digiuno delle più elementari conoscenze musicali – e già questo dato basterebbe a liquidarne le pretese di ‘scientificità’ – si lancia in una filippica contro chi accusa a torto il capostipite, visto che potrebbe persino vantare meno titoli di lui, e neppure una laurea in musicologia. Se bastasse questo requisito, usurpato sin troppo spesso ai tempo d’oggi, per definirsi musicologi il dottor Bianchini, che lo possiede, dovrebbe collocarsi ai piani alti. Ma così non è: perché dunque, visto oltretutto che i tomi sono stati pubblicati a spese sue e della moglie, si permette di sindacare sui titoli altrui? potrebbe fornirci le prove di quanto afferma? oppure il metodo è sempre quello che gli ha concesso di arrivare agli oneri delle stampe? pagando e non sottoponendosi al giudizio della comunità scientifica? troppo comodo, no?