Nell’allegato l’esempio A) è un dettaglio del manoscritto nella collezione privata Rimonda esibito come prova di una pretesa attribuzione della Marsigliese a Giovanni Battista Viotti; l’esempio B) è l’immagine di una lettera olografa di Viotti proveniente da un’asta dell’antiquariato Wurlitzer-Bruck di New York. Vedi: http://www.wurlitzerbruck.com/autographs/als-12359.htm A) è un falso. Basta a dimostrarlo il confronto tra il paraffo sottoscritto, che in B) è tracciato con un unico ductus sicuro e armonico, pressoché artistico, mentre in A) è faticoso, sgraziato e sconnesso rispetto al corpo della firma stessa. Inoltre in B) la firma vera e propria è tracciata in due sole riprese: primo tratto “JBV”, secondo tratto “iotti”, mentre il falsario ha staccato la penna 3 volte: V-i-o-tti. Forse anche 4, perché fra “tt” e “i” appare un disallineamento a malapena mascherato. Confrontando le due firme: A) sembra quella di un semianalfabeta o di un sofferente di qualche disturbo neurologico; B) quella di un artista o comunque di una persona con capacità psichiche bene organizzate. In via subordinata la differenza si può spiegare con l’intervento di un rozzo falsario d’infima classe. A chi vuole lasciamo trarre le conclusioni circa la serietà del Maestro Cavalier Rimonda, del suo vetusto consulente grafologico pugliese di parte e della trasmissione televisiva Voyager che si fa eco delle loro millanterie senza sottoporle ad alcun filtro.
Carlo Vitali
Ecco la trascrizione dell’intervista a Luca Bianchini e Anna Trombetta dal programma radiofonico L’Arpeggio trasmessa su Radio Vaticana (settima puntata):
Anna Trombetta: Parliamo di Viotti […] Non è corretto inserirlo nel cosiddetto “classicismo viennese” [chi l’ha inserito?, ndr]. Dobbiamo pensare ad un periodo molto più ampio e internazionale. Quindi chiamarlo “classicismo viennese” non ha senso: è molto più corretto definirlo “neoclassico” come avviene negli altri rami del sapere. Tra i poeti, gli artisti, in letteratura, le arti figurative, in architettura si parla di “neoclassicismo” nella seconda metà del Settecento e non di “classicismo viennese” [sic]. Anche la musica si deve adeguare [sic] alle classificazioni che vengono fatte in letteratura e in arte. Non dobbiamo per forza obbedire ai vecchi principj inventati dalle dittature del 1940. Di Viotti vi volevo far ascoltare il Tema e variazioni in Do perché è molto particolare. Si dice che la Marsigliese sia stata composta in Francia e inventata da un compositore francese ma se noi ascoltiamo questo tema ci accorgiamo che la Marsigliese in realtà l’ha composta Viotti e siamo nel 1781, ben undici anni prima di quando effettivamente dovrebbe essere stata composta. Quindi l’inno nazionale francese è stato scritto da un italiano e questo tema è stato poi ripreso anche da Mozart in un concerto per pianoforte. ASCOLTO Quindi la Marsigliese, abbiamo sentito, è di Viotti ed è stata composta undici anni prima che Rouget de Lisle l’inventasse.
Questa teoria, ripresa da Anna Trombetta, è tratta da un articolo di Riccardo Lenzi, La Marsigliese? E’ di un italiano, apparso su “L’Espresso” il 9 maggio 2013:
Ascoltando il Tema e variazioni in do maggiore del compositore Giovan Battista Viotti, ci sono pochi dubbi: la celebre melodia della Marsigliese è un plagio musicale. Uno spartito, assicurano i protagonisti [Ndr. Guido Rimonda, violinista] dell’integrale della musica per violino e orchestra del compositore nato nel Vercellese nel 1755 e morto a Londra nel 1824, concepito nel 1781, ben undici anni prima che la celebre ‘Marsigliese’ fosse ufficialmente creata dal compositore Claude De Lisle. Il quale, del resto, non firmò lo spartito (com’era invece solito fare) quando lo consegnò al sindaco di Strasburgo che glielo aveva commissionato come ‘canto di guerra’ per l’armata del Reno, sul fronte tedesco, nel 1792 appunto.
Le affermazioni di Anna Trombetta, come anche quelle di Guido Rimonda, non possono essere prese come verità assoluta. Una visione alternativa e più documentata è stata proposta dalla musicologa Giuseppina La Face Bianconi ne La Marsigliese e il mistero attorno alla sua paternità, un articolo comparso su “Il fatto quotidiano” il 10 gennaio 2016:
Il 13 novembre 2015, con gli attentati jihadisti, Parigi ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua storia recente. Distruzione e morte hanno lasciato attonito il mondo. Nei giorni seguenti fu reso omaggio, da varie parti, alla Francia e alla sua capitale. Dappertutto, nelle città, nei mezzi di comunicazione, nei social network è risuonata la Marsigliese, che dal 1795 è l’inno nazionale francese. L’avrebbe scritta Claude-Joseph Rouget de Lisle, parole e musica, il 23 aprile 1792.
La città di Vercelli ha concorso al cordoglio generale. A dicembre la Camerata Ducale, diretta dal violinista Guido Rimonda, ha eseguito un Tema con variazioni per violino e orchestra sulla Marsigliese, attribuito al grande compositore vercellese Giovan Battista Viotti. Rimonda, che per la Decca sta registrando gli opera omnia dell’illustre concittadino, possiede un manoscritto del Tema con variazioni firmato “GB Viotti” e datato “1781”. La musica della Marsigliese sarebbe stata dunque composta da un piemontese? undici anni prima che Rouget de Lisle, impossessatosene, la rivestisse di versi guerreschi? Il mondo alla rovescia, visto dalla Francia.
La diatriba Viotti vs Rouget de Lisle, Vercelli vs Parigi, Italia vsFrancia, scoppiata sui siti un paio d’anni fa, è stata rinfocolata dal concerto del mese scorso. Blogger italiani e francesi si accapigliano attorno alla paternità della Marsigliese. Con esiti comici: “l’abbiamo scritta noi”, “no, l’abbiamo fatta noi”, “siete i soliti impostori”, “no, siete voi i mistificatori”. Viene in mente Il grande dittatore di Chaplin: Mussolini e Hitler litigano sulle rispettive ‘invenzioni’, e al colmo della rissa il Duce prorompe nella memorabile battuta: “il manganello l’ho inventato io!”.
Al musicologo non interessa parteggiare per Parigi o Vercelli; gli interessa la realtà storica. Dove sta il problema? Rimonda esibisce un manoscritto, ma non dice da dove viene o dove sta, né come gli è arrivato. Nessuno studioso di Viotti, salvo Rimonda, lo ha mai potuto consultare. Nel libriccino che accompagna il CD Decca del 2013, è riprodotta la prima pagina del manoscritto. Secondo un esperto di Viotti, il canadese Warwick Lister (Ad Parnassum, XIII, aprile 2015), la firma di Viotti in alto a destra potrebbe essere autentica, ma le parole “2 mars 1781” sono di un’altra mano. Non si può dunque escludere che Viotti abbia davvero scritto una serie di variazioni su un tema che tutt’Europa conobbe a metà degli anni 1790; ma l’idea che il brano risalga al decennio precedente, e che la paternità musicale dell’inno vada girata a un violinista vercellese, è appesa all’esile filo di una data d’incerta mano su un manoscritto d’incerta provenienza.
C’è di più. Una serie di Six Quatuors d’airs connus dialogués et variés(Quartetti d’archi) pubblicati intorno al 1795 sotto il nome di Viotti contiene delle variazioni sulla Marseillaise, e tre di esse corrispondono alle variazioni del manoscritto Rimonda. Senonché un esemplare oggi alla British Library reca sulla parte del primo violino una nota di pugno di Viotti: “Je n’ai jamais composé les quatuors ci dessous” (“non ho mai composto i quartetti qui di seguito”). L’attribuzione a Viotti del misterioso Tema con Variazioninon esce certo rafforzata da questa dichiarazione.
Il caso è lampante: i dubbi relativi al manoscritto e alla sua datazione (1781) non vanno affrontati sul piano dello scoop né delle rivendicazioni nazionalistiche, ma con oggettività scientifica. Occorre ricostruire la storia del manufatto, esaminarne le filigrane per datare le carte, individuare le grafie. Un manoscritto, anche se appartiene a un privato, va sottoposto all’esame degli esperti. Se Rimonda non ne consente lo studio, sarà difficile pronunciarsi sulla scoperta. Se alcuni dati incrinano l’attendibilità sia dell’attribuzione sia della datazione, perché non fugare i dubbi fornendo tutti gli elementi conoscitivi, a cominciare dall’autopsia sul reperto?
Ci sono brani famosi attribuiti a compositori che non li hanno mai scritti. L’Adagio di Albinoni, per dire, fu inventato dal musicologo Remo Giazotto (su Facebook è nato il gruppo ‘Salviamo Albinoni dall’Adagio di Giazotto’). Musicologi e melomani hanno diritto di sapere come stanno davvero le cose. In attesa, la musica della Marseillaise rimane in capo a Rouget de Lisle, sia pure sub judice.
16 Aprile 2023 il 16:24
Non si capisce nulla. Sembra facciate i salti mortali per dimostrare, apriori, che l’autore non é Viotti, siammai! Mah.
10 Maggio 2023 il 05:10
CHI GIOCA SOLO NON PERDE MAI
Egregio Signor Mattei,
La ‘un mi diha he ‘un si hapisce nulla, altrimenti la mi fa sbagliare i’ salto mortale, siammai. Non so di che cosa lei si occupi nella vita, ma tenderei ad escludere che abbia studiato i principii del metodo storico-critico, secondo i quali è lo scopritore di un nuovo documento, o di una nuova interpretazione di documenti già conosciuti, a dover **dimostrare** qualche cosa: l’autenticità del documento e/o l’attendibilità dell’interpretazione. Egli può farlo scrivendo un articolo per una rivista peer-reviewed o presentando una relazione ad un convegno di studiosi competenti nella materia che poi ne discuteranno sulla base delle prove presentate.
Il maestro cavalier Rimonda è solito comportarsi diversamente. Per circa quattro lustri, ad esempio, ha eseguito in concerto con l’attribuzione a Viotti una “Meditazione in preghiera” (data presunta: 1792) del cui manoscritto autografo afferma di essere possessore ma che non ha mai mostrato a chi ne faceva richiesta. L’ha incisa nel 2000 con Bongiovanni, nel 2007 come allegato ad “Amadeus” e nel 2012 per Decca nel quadro di un’integrale viottiana in 15 CD il cui termine era previsto per il 2018.
In coincidenza con l’uscita del primo CD, nel 2012-2013 rilasciava una serie d’interviste a tre importanti mensili musicali italiani nonché al quotidiano “La Stampa”, offrendo sull’origine del brano versioni discordanti e imprecise, condite da rivelazioni in stile romanzesco sui sentimenti di Viotti al momento di comporlo. Su “Classic Voice” (n. 162, novembre 2012, p. 49) così ne parlava Gabriele Formenti: “Sembra quasi un pezzo composto oggi per una colonna sonora di grande successo”.
Appunto, un po’ come l’Adagio di Albinoni “ricostruito” nel 1958 da Remo Giazotto sulla base di scomparsi frammenti manoscritti di cui esiste solo una fotocopia più che dubbia. E, guarda caso, l’armonia tutta giocata fra tonica, dominante e sottodominante, l’esacordo discendente nel basso alle prime tre battute, e altri caratteri stilistici che per brevità ometto di citare stabiliscono nella “Meditazione” la stessa atmosfera lacrimoso-dolciastra che tanta fortuna ha procurato allo pseudo-Albinoni di Giazotto.
Circa la presunta Ur-Marsigliese — che Rimonda suole associare alla “Meditazione” in concerti, registrazioni e interviste — tutto ciò che egli ha messo a disposizione della comunità scientifica consiste in:
1) fotoriproduzione del frontespizio nel booklet di un CD Decca; 2) alcune fuggevoli immagini in una trasmissione televisiva (“Voyager”,18 dicembre 2017). In quella sede — oltre alla solita immagine del frontespizio che qui sopra abbiamo analizzato — non già “apriori” ma con argomentazioni tecniche che lei potrà contestare se ne ha la capacità, ma non liquidare con un lazzo da Stenterello qualunquista — è stata esibita anche la sommaria conclusione di una perizia di parte rilasciata dal Prof. Perrucci Filippo, nato ad Altamura (BA) il 16/11/1923 ed ivi residente, fornito di Abilitazione Magistrale, Abilitazione Tecnica di Geometra, Abilitazione Statale all’insegnamento di Calligrafia.
Sostiene il perito: “Dal risultato delle analisi accurate del mio laboratorio si evince che il documento è un manoscritto autografo su carta filigranata prodotta nel XVIII secolo e l’inchiostro ferrogallico delle scritte risale alla stessa epoca”.
Con la debita venerazione per una persona che — se tuttora vivente, come mi auguro — starebbe per compiere un secolo di vita, mi piacerebbe rivolgergli qualche domanda:
a) “Manoscritto autografo”. Di chi? Un manoscritto è sempre autografo di qualcuno. Che campioni di raffronto ha usato per stabilire l’affermata autografia di Giovanni Battista Viotti?
b) “Carta filigranata”. Abbastanza ovvio per una carta da musica del Settecento, ma com’è fatta la filigrana? Da quale cartiera proviene? Esistono fior di repertori per individuare e datare con più o meno precisione le filigrane. Non con l’approssimazione di un triennio e nemmeno di un decennio, ma normalmente ben maggiore di un secolo.
c) “Prodotta nel XVIII secolo”. Ancora: per quali caratteristiche? Ha o non ha le vergature? È di stracci bianchi o è stata sbiancata chimicamente (ad es. al cloro)?
d) “Inchiostro ferrogallico”. È rimasto il più comune fino a tutto l’Ottocento e si può fabbricare in casa senza troppa difficoltà. Che metodo ha usato per valutarne l’invecchiamento?
Con tutto questo non spero aver aumentato la sua comprensione di un articolo nemmeno troppo esoterico, egregio Signor Mattei. Sono invece fiducioso che il lettore non pregiudiziato e mediamente colto abbia gli strumenti per intuire chi gioca a carte scoperte e chi invece pratica il solitario di Napoleone. Al maestro cavalier Rimonda, se lo ritiene opportuno, resta la facoltà di mettere i preziosi cimeli della sua collezione nella disponibilità di una platea di ricercatori qualificati. Ai quali, sia detto alla buona, non importa un fico di stabilire se il tema della Marsigliese sia opera di un violinista piemontese, di un avvocato francese, o magari di una lavandaia turca. La comunità scientifica, per tradizione litigiosa ma sovranazionale, i sovranismi culturali li lascia volentieri ai fabbricanti di bufale e ai poveri di spirito (non nel senso evangelico).
14 Maggio 2023 il 21:15
Ringrazio gli estensori dell’articolo e Carlo Vitali per la successiva risposta al sig. Mattei. Le osservazioni, che trattano un tema complesso come l’attribuzione di un’opera a un autore, sono ben chiare anche a un “non addetto ai lavori” come il sottoscritto. Le domande che uno studioso si pone di fronte a una fonte originale devono essere molteplici e serrate, la prima delle quali è chiedersi se veramente ci si trovi di fronte a una fonte oppure a un falso. Male fa il violinista Rimonda a non sottoporre a un serio esame i documenti di cui dispone e questo a tutela della sua stessa serietà professionale e onestà intellettuale, al di là dei campanilismi e del proprio “particulare”.
17 Maggio 2023 il 03:44
Grazie per le sue oneste e pacate osservazioni, stimato signore. Anche se lei non è un “addetto ai lavori” in campo musicologico, si rivela comunque allenato ai fondamentali del ragionamento scientifico, del tutto estranei al pensiero desiderante (wishful thinking) dei guastamestieri. Per i quali le teorie devono essere come le uova: fresche di giornata.
29 Dicembre 2023 il 06:45
Bravo! I have always felt this couldn’t be a Viotti piece – having played and admired much of Viotti’s music, this set of variations just didn’t “feel” as if it is from the same family. The use of artificial harmonics – the four string arpeggios in the finale – very effective but so unlike the technical language used by Viotti elsewhere.
I would guess that an expert as familiar with the music of Viotti as is Mr. Rimonda would know this.
It is still an effective piece. Perhaps an episode similar to Fritz Kreisler composing charming miniatures and attributing them to classical masters. And perhaps for similar reasons? Who would take note of a modern performer writing neo-classical variations – but a newly discovered piece by Viotti? This guarantees success!