Paolo Isotta, napoletano a 24 carati, musicologo, saggista e critico musicale di lungo corso (firma principale al “Corriere della Sera” dal 1980 al 2015), non avrebbe bisogno di presentazioni. Per chi lo desiderasse, una sua biografia è comunque consultabile all’indirizzo: https://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Isotta.
La Nuova Accademia della Bufala è lieta di pubblicare una sua non equivoca presa di posizione sul revisionismo antimozartiano di Bianchini, Trombetta e seguaci. Tanto più preziosa perché proveniente da chi alla gloriosa scuola musicale partenopea ha dedicato gran parte della propria riflessione, ma non per questo vuol prestarsi a valorizzarla mediante il delirio xenofobico e dilettantesco ai danni di altri autori e scuole.
A Carlo Vitali
Caro dottore,
per caso mi è accaduto di seguire, su Internet, l’intemerata da Lei fatta a due sventurati che non si peritano di scrivere su Mozart e farci la rivelazione della sua mediocrità, così come un loro sodale spiega che Händel è un povero plagiario. In un primo momento ho pensato che de minimis non curat prætor, e che il Suo tempo potrebb’esser meglio impiegato. Ma il fatto è che oggi non esistono più gerarchie culturali né filtri all’ignoranza; sulla Rete chiunque ha diritto di parola e, nella generale incapacità di sapere anche solo Padre, Figliuolo e Spirito Santo – come si dice a Napoli –, viene preso in considerazione dagli sprovveduti. Più grossa la spara, dagli Ufo all’Aids, più lo ascoltano e gli applaudono. Mundus vult decipi, e ormai la Rete attua meglio di ogni altra cosa l’ergo decipiatur. Motivo per il quale aggiungo la mia debole parola agli autorevoli consensi che Le sono giunti. Credo che agli scrittori mozartiani autopubblicati e ai loro sodali si apra un enorme terreno di attività.
Possono dimostrare che la Nona Sinfonia è stata da Beethoven plagiata al vero genio di famiglia, il nipote; che I promessi sposi sono di Tommaso Grossi; che la Cappella Sistina venne in realtà affrescata da Daniele da Volterra detto “il Brachettone”; che la Scuola d’Atene fu dipinta dal Sodoma, come prova il suo autoritratto a fianco del presunto Raffaello, che l’Eneide non fu mai scritta da Virgilio, premorto, ma – così come le Georgiche sono opera della reincarnazione di Plauto evocato da Asinio Pollione col tavolino a tre gambe – è il frutto della collaborazione a quattro mani di Vario e Tucca. Le poesie di Saffo sono di Faone, giacché la poetessa non aveva tempo, essendo troppo impegnata a praticare il cunnilingus colla mamma dello stesso. E la questione omerica, plaga immensa e ancor vergine, attende coraggiosi esploratori.
A Lei e a noi l’augurio di non imbatterci più in apofaineti, o disvelatori del Vero, di tal sorta. Ma è un voto irrealistico.
Paolo Isotta
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