Legga il libro! Una lista di citazioni abominevoli e fake news tratte dal volume Mozart. La caduta degli dei. Parte 1

MOZART. LA CADUTA DEGLI DEI (VOL. 1)

p. 10: «Nel 1941 Goebbels voleva che si girasse un film su Mozart, per completare l’azione di propaganda nazista. […] Il regista Karl Hartl (1899-1978) raccolse un distinto gruppo di artisti molto conosciuti al pubblico tedesco: Hans Holt nei panni di Mozart, Winnie Markus di Constanze, Walter Jessen [sic, recte: Jenssen] di Leopold e Curt [sic, recte: Curd] Jürgens in quelli dell’imperatore Giuseppe II. Mancavano Da Ponte perché era un ebreo e i massoni perché Hitler non ce li voleva”.»

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p. 11: Bianchini e Trombetta definiscono la Reichsfilmkammer «una società pubblica di Berlino che controllava tra il 1933 and [sic] 1945 l’industria cinematografica nazista».

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p. 12: «Le pellicole musicali degli anni ’40 si affidavano alle ricerche storiche della Musikwissenschaft(musicologia) che era nata in Germania. […] Pescando nell’aneddotica sovrabbondante dell’Ottocento, Gobbels… [omissis

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p. 18: secondo Bianchini e Trombetta fu «Guido Adler (1855-1941), docente austriaco considerato il padre della musicologia moderna» a inventare «di sana pianta» il concetto austro-tedesco di Classicismo viennese fondato sulla falsa Trinità Haydn-Mozart-Beethoven, in ciò prendendo spunto da una retorica tirata di Karl Renner (1870-1950), un non-musicologo.

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p. 19: «dopo la seconda guerra mondiale i musicologi, seguaci di Adler, continuarono a credere in questa tradizione filo-nazista»

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p. 19: «Wolfgang Amadeus Mozart era tanto poco un viennese autentico quanto lo furono Joseph Haydn e Ludwig van Beethoven, ai quali la storia della musica suole accostarlo nella triade dei classici viennesi»

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pp. 20-21: «Da un punto di vista storico ci fu l’interesse primario degli imperatori, dopo la pace di Aquisgrana, a controllare la produzione musicale, cioè i ‘mass media’ dell’epoca. Non si trattò di scuola di stile, ma di semplice opportunismo politico […]. Oggi, se tornassero in vita, baderebbero a controllare il cinema e la televisione».

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p. 22:  “Il compositore di Rovereto Giacomo Gottiferedo (sicrecte: Gotifredo) Ferrari, estensore tirolese delle seguenti note, scrisse delle aberrazioni su Paisiello piegando la storia a fini di propaganda” (segue una lunga citazione). Le aberrazioni consisterebbero nel fatto che Paisiello avrebbe consigliato a un dilettante romano, tale Gasparino, di prendere lezione da Mozart “come un giovane d’un talento trascendente e straordinario”.

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p. 22: “Dal 1815 Rovereto divenne parte della contea austro-ungarica del Tirolo, e fu, fino alla 1918, capoluogo di uno dei sette circoli di quella provincia”.

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p. 22: “Non per nulla le Società carbonare italiane […] nacquero presso i teatri e i Conservatori di musica. Era là che si cercava eroicamente di salvaguardare la cultura italiana dai soprusi degli Asburgo e dei Borbone”.

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p. 23: secondo Bianchini e Trombetta “Dresda” il  “maggiore centro d’italianità della Germania meridionale”

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p. 25: Ciò che davvero interessa ai Nostri non sono né i boemi né i mulatti; bensì gli italiani. Interessano molto anche a noi, solo che per “valorizzarli” sarebbe utile qualche riferimento meno datato del pur benemerito pioniere Fausto Torrefranca. In questa pagina si trapianta senza commenti un suo catalogo di musicisti italiani attivi in Austria e in Boemia, “specialmente quelli di scuola veneziana, dalle decine dei più celebri, come Lotti, Caldara, Tartini, Durante, Bononcini, Traetta; alle centinaia di quelli famosi al tempo, che oggi sono ignorati, tra i quali Rutini, Ferradini, Bertoni, Perti”. Disponendo di strumenti meno rudimentali rispetto a quelli in uso nel 1930, era opportuno precisare che Durante (scuola napoletana) non si mosse mai da Napoli salvo che per un ipotetico soggiorno romano, che “Bononcini” va inteso come Giovanni junior (scuola modenese-bolognese, 1670-1747), che “Ferradini” (rectius: Ferrandini) fu attivo a Monaco di Baviera, non in Austria né in Boemia. E che ugualmente Bertoni si recò solo a Londra, che Rutini (fiorentino di formazione napoletana) girò mezza Europa fino a Pietroburgo ma dopo il 1760 gettò l’ancora in Italia. Forse un po’ presto per influenzare davvero la Wiener Klassik? Infine che Perti (scuola bolognese con ascendenze didattiche romane) non si mosse mai dal Bel Paese, pur intrattenendo con Vienna rapporti virtuali per mezzo di lettere, partiture e allievi.

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p. 27: «I maestri HMB [Haydn, Mozart, Beethoven, ndr] […] a Vienna non erano vissuti neppure così a lungo, né essi vi avevano lavorato a sufficienza […]»

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pp. 28-29, 31: Bianchini e Trombetta presentano due volte lo stesso compositore boemo: «Dussek» nella forma germanizzata e Václav Jan Dusík in quella ceca. A meno che nel primo caso non volessero parlare di František Xaver Dušek, grande amico di Mozart e non legato di parentela al precedente. La confusione era già diffusa all’epoca, ma con un buon dizionario musicale sotto mano Bianchini e Trombetta avrebbero potuto chiarirla a se stessi e ai lettori. Non importa: un boemo è un boemo, e per i Nostri tutti i boemi “non sono considerati dai tedeschi perché boemi; non si prendono in esame neppure i francesi perché francesi; non si valorizza Saint-George perché mulatto, non si dà importanza agli italiani perché italiani”. Ipsi dixerunt, ma è una balla spaziale. Basti guardare in che lingua sono scritte le prime biografie di tanti fra gli autori “valorizzati” da B&T in quanto non austriaci o non tedeschi di nascita.

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p. 29: «I musicologi non devono basarsi su giudizi personali per definire un autore romantico preromantico o classico. Se un autore è vissuto in un periodo storico, il suo linguaggio va collocato in quel contesto»

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pp. 34-35:  “La periodizzazione deve essere applicata, come alla letteratura, anche alla musica, senza però scomodare il ‘classicismo viennese’, etichetta di parte antistorica. Con tutti i limiti che può avere una schematizzazione, le espressioni letterarie, filosofiche, artistiche della cultura occidentale seguono una scansione temporale comune:

Barocco: fine 1500-tutto 1600.

Arcadia: fine 1600-inizi 1700.

Illuminismo: prima metà 1700.

Rococò: 1730-1760.

Neoclassicismo: seconda metà 1700.

Preromanticismo: seconda metà del 1700.

Sturm und Drang: 1765-1785.

Romanticismo: prima metà 1800.

Realismo: seconda metà 1800.

Naturalismo: fine 1800.

Verismo: fine 1800.

Per Beethoven, contemporaneo di quel pilastro dell’arte romantica tedesca che fu Caspar David Friedrich (1774-1840) si parlerà allo stesso modo di romanticismo e non di classicismo”.

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p. 36:  “Il tempo del Reich è passato da oltre settant’anni, pertanto non è più accettabile parlare di ‘classicismo viennese’”.

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p. 49: “Va notato che Lo spazzacamino di Salieri è un Singspiel e che precede di un anno il Ratto dal Serraglio di Mozart (forse per questo la musicologia tedesca ha più volte tentato di sminuirne la portata) […] Vedi ad esempio BRAUENBEHRENS (1987) che ha scritto un libro significativamente intitolato Salieri un musicista all’ombra di Mozart.”

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p. 60: «Si vocifera che il breve dramma di Puskin [Mozart e Salieri, ndr] sia alla base della pièce teatrale in due atti scritta da Peter Shaffer nel 1978. Il suo Amadeus, che tradotto letteralmente significa “L’amato dagli dèi”, ossia “Wen die Götter lieben” [titolo di un film biografico tedesco del 1942, dedicato a Mozart, non a torto aspramente criticato dagli autori qualche pagina prima, ndr], fu rappresentato nel 1979 al Royal National Theatre di Londra»

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p. 83: «Il quarto di tono è un intervallo quasi impossibile da percepire»

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p. 90: “Va tenuto conto che […] la grafia di Mozart non è affatto certa, né è mai stata seriamente studiata”.

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pp. 209-210: “Il Concerto non ci fu per via del gelo […] I Mozart si recarono in chiesa a provare i due organi, ma se ne andarono via subito”. Segue una lunga citazione dalla lettera datata Verona 7.1.1770, seguita dal commento: “Quella povera gente avrà preferito starsene al calduccio, piuttosto che recarsi in chiesa a sentire uno sconosciuto che aveva intenzione di provare due accordi sull’organo […] Mancando il concerto, Leopold per la gioia dell’arcivescovo [di Salisburgo, ndr] creò dal nulla una folla delirante”.

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p. 250: “Eppure l’idea che Mozart sia stato un grande contrappuntista sopravvive ed è reiterata in numerosi testi di studio”. E, in nota (649), Bianchini e Trombetta riportano il giudizio, fra gli altri, di Charles Rosen: “Above all, Chopin was the greatest master of counterpoint since Mozart”.

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pp. 356-357: Il Canone “Difficile lectu mars” [sic] K.559 somiglia al Kyrie K.89, essendo all’unisono a tre parti di Soprano. […] È stato ufficialmente inserito da Wolfgang nel suo catalogo personale il 2 settembre 1788. Fu scritto, così dicono, negli anni 1786-1787. Il testo, in latino maccheronico, suona come se fosse sacro, ma, se lo si ascolta con attenzione, si capisce che le parole latine non significano nulla. La pronuncia veloce delle sillabe produce un testo nuovo, che suona all’incirca come “die fitsch’ i leck du mi’m Arsch”, che in dialetto salisburghese significa “quella me la fotto io tu leccami il culo.” La seconda parte recita “ionicu” ma quando è ripetuta dalle diverse voci muta in “coglioni, coglioni, coglioni” […] Mozart [lo]compose per farsi beffe del baritono Johann Nepomuk Peierl, un pover’uomo, così dicono, che pare avesse problemi di pronuncia.

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pp. 361-362: Bianchini e Trombetta cucinano un unico pastone con due lettere di Wolfgang alla sorella Nannerl (19 dicembre 1787 e 2 agosto 1788), citandole entrambe sotto la prima delle due date e alterando maldestramente, senza segnalarlo, un passo della seconda lettera. Col bel risultato di confondere la prima praghese del Don Giovanni (secondo loro 7 maggio 1788, recte: 29 ottobre 1787) con una replica del suo nuovo allestimento viennese. Insomma hanno copiato, evidentemente senza capirla, la nota 6 alla p. 1769 dell’edizione Murara.

Ecco la genealogia della loro ennesima bufala:

MOZART: “auf dem anschlag zettel, da meine Prager Oper Don Giovanni | : welche eben heut wieder gegeben wird : | aufgeführt wurde…”

MURARA: “Quando la mia opera di Praga, Don Giovanni, è stata messa in scena (viene ridata proprio oggi), il manifesto…”

BIANCHINI E TROMBETTA: “Quando è stato messo in scena a Praga il Don Giovanni [il 7 maggio 1788] sul manifesto…”

Da due sedicenti filologi si attenderebbe quanto meno la capacità di copiare e di citare… Per caso non converranno loro altre qualifiche; ad esempio pasticcioni e bari di carte?».

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p. 400:  “V’è il serio dubbio che Haydn abbia potuto comporre musiche così complesse incompatibili col suo stato fisico e mentale [si parla dei Quartetti op. 76-77, delle ultime sei Messe e degli Oratorii; mica uno scherzo, ndr]. […] “Dal 1799 Haydn soffrì per la vecchiaia, ma soprattutto per l’arteriosclerosi.” Segue un quadro sintomatologico e poi la dotta conclusione: “Probabile che la cerebrosclerosi abbia contribuito a far dire a Giuseppe Carpani, avendolo conosciuto nel 1796, che Haydn, al di fuori della musica, era un ‘illustre idiota’”.

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