Dopo le regie attualizzate è il momento dei libretti riscritti per adeguarli al “politicamente corretto”? Se lo domanda un articolo di Kees Vlaardingerbroek apparso il 5 giugno 2018 sul quotidiano olandese «Nieuwe Rotterdamsche Courant»: https://www.nrc.nl/nieuws/2018/06/05/kunstenaar-moet-vrij-zijn-om-abjecte-anderen-te-tonen-a1605384#/handelsblad/2018/06/05/#118. Segue la traduzione italiana; un commento al dibattito apparirà sul mensile «Musica» nel numero di settembre, rubrica La polemica.
Bisogna purificare Il flauto magicoda tutte le frasi razziste, sessiste e antifemministe?
di Kees Vlaardingerbroek
Negli anni del nazismo era obbligatorio cancellare ogni traccia culturale e storica degli Ebrei. Il Concerto per violino, amato anche in Germania, del compositore ebreo Mendelssohn dovette far posto a quello – molto meno amato ma definito “assai più profondo” – del “razzialmente puro” Schumann. Anche i lavori dell'”ariano” Wolfgang Amadeus Mozart dovettero soffrirne. Così la storia ebraica scomparve dall’oratorio italiano La Betulia liberata (dal libro biblico di Giuditta), che fu corredato di un nuovo libretto tedesco nel quale prendevano vita Attila e Crimilde, eroi della saga germanica [nel Nibelungenlied, n.d.T.]. Lo stesso destino toccò ad innumerevoli altre opere e oratorii di soggetto ebraico.
La regista d’opera Lotte de Beer ha suggerito su questo giornale che si dovrebbero sopprimere nei libretti le espressioni misogine, sessiste e/o razziste. Non si dovrebbe più permettere a una frase quale “weil ein Schwarzer hässlich ist” (“perché un Negro è brutto) di sfigurare un capolavoro come Il flauto magico. Secondo la De Beer, intervenire sul testo del libretto sarebbe non soltanto desiderabile, ma moralmente necessario.
Premetto: Lotte de Beer e i suoi seguaci sono persone benpensanti e rispettabili, che in nessun modo risentono del pensiero nazista. Comprendo il suo disagio. Ad ogni rappresentazione del Flauto magico io stesso provo sconforto quando ascolto frasi del genere. Ma perché mi sento a disagio anche per la sua intenzione di creare opere d’arte depurate dagli elementi indesiderati? Per i seguenti motivi:
- Per quanto mi riguarda, considero pericolosa la ricerca della purezza culturale e politica nell’arte. Perché chi decide cosa si può o non si può fare? Inoltre: dovremo ogni dieci o vent’anni adattare l’opera d’arte a ciò che in quel dato momento è politicamente corretto?
- Che taluni argomenti e idee non debbano trovar posto in un’opera d’arte è un concetto errato. La libertà di espressione è una gran bella cosa, certo anche per l’artista. Qualcuno l’ha già detto: la grande arte respira il soffio, e sì, anche le nostre emozioni più oscure. L’uomo non è solo “luce e purezza”. E un’arte riservata ai cittadini modello sarebbe un misera arte. Per meglio dire: kitsch.
- Ciò che vale per l’uomo vale anche per la nostra storia. I lati oscuri ne fanno parte, e questo ci fa sentire a disagio. Come Lotte de Beer, io pure mi vergogno di certi contenuti testuali del Flauto magico; ma ciò mi sembra solo positivo. Mi ricorda il fatto che nemmeno io sono libero da pregiudizi. E chi mai lo è? Forse che il librettista Emanuel Schikaneder, al pari del massone Mozart, non rientravano in quanto abbiamo voluto sottolineare?
- Ritenere responsabile l’autore per le affermazioni dei suoi personaggi è un altro concetto errato. Non neghiamo all’artista la libertà di rappresentare i dissenzienti, per quanto abbietti possano apparire sulla scena.
- Luce e oscurità compaiono nel Flauto magico anche in quanto aspetti dell’animo umano. Lotte de Beer non pare abbastanza consapevole di tale sfondo alchemico e massonico, ma su ciò non dirò altro per amore di brevità.
I seguaci della De Beer affermano spesso che un’opera non dovrebbe essere tanto sacra da non consentire alcun intervento sul testo o sulla musica. Per esempio: forse che Händel non presentava sempre le proprie opere in forma riadattata? Vero, ma erano interventi decisi dallo stesso compositore. Un regista avrebbe per definizione la medesima libertà del compositore?
Di più: quegl’interventi non toccavano l’integrità concettuale dell’opera d’arte. Secondo me, altrettanto non avviene con la riscrittura politicamente corretta dei libretti.
Inoltre il regista ha altri mezzi per offrire una visione attualizzata di una certa opera. Testo e musica del Flauto magico formano un insieme unico e sono un fatto storico. Ma lo stesso non vale – o almeno non vale certo in egual misura – per la regia. Spesso non sappiamo esattamente come le opere venissero allestite ai tempi di Mozart. Perfino in presenza di fonti documentarie, non conosciamo l’esatto significato di libretto e partitura. Naturalmente Lotte de Beer è libera di esplicitare il proprio dissenso dalle espressioni sessiste e razziste. Lo chiarisca nella regia o nella scenografia, ma lasci intatta l’opera d’arte.
Introduzione e traduzione in italiano di Carlo Vitali
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