Giusto qualche riga, per rispondere al Maestro Edoardo Catemario e alle sue perentorie accuse nel post allegato.

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«Grandi menti che si dan ragione l’un l’altro». No, studiosi di varia estrazione culturale che concordano in toto nel valutare pessimi metodologia e risultati del lavoro di Bianchini e Trombetta. Alcuni tra noi nemmeno si conoscevano, prima di trovarsi concordi nel sottoporre a critica il lavoro in questione. Il nostro metodo è stato quello di confutare nel dettaglio, con rimandi precisi alle pagine dei due volumi, quanto lì sostenuto. La nostra conclusione è stata appunto che si tratta di una gigantesca mistificazione, unita a grossolane semplificazioni e inaccettabili illazioni. La verifica delle fonti riportate in nota, il cui numero tanto par aver impressionato quei 4 o 5 estimatori dei volumi, ha dato come risultato approssimazioni, errori, occultamenti, falsità vere e proprie. Tutto documentato, ripeto, basta leggere.

«Guai a dire che i loro articoli appaiono solo in un blog […]». Veramente articoli che demoliscono i due sono stati pubblicati, tra gli altri, da:

  •  1 Rivista scientifica di musicologia classificata in Fascia A, «Philomusica online»
  • 1 Rivista scientifica di carattere storico (con focus specifico sulla Massoneria nazionale e internazionale), «Nuovo Hiram. Rivista quadrimestrale del Grande Oriente d’Italia»
  • 3 Riviste di attualità musicale e discografica di rilievo nazionale («ClassicVoice», «Musica» e «Suonare News»)
  • 1 Quotidiano “generalista” a diffusione nazionale («QN – Quotidiano Nazionale», supplemento «Il piacere della lettura»)
  • 1 Rivista online come «Gli Stati generali»

È ben vero che abbiamo altresì pubblicato, nel nostro sito, diversi altri articoli apparsi in blog o interventi di studiosi e musicisti pensati quali post di social network. Erano e sono importanti, quali testimonianza globale della scarsissima considerazione di che gode il lavoro dei due musicologi in oggetto. E le risparmio la lista dei musicologi, dei critici musicali e dei musicisti che si sono dichiarati d’accordo con noi (ma se guarda il deprecabile nostro sito da lei citato, li troverà tutti).

«Personaggi che danno l’impressione di non aver letto il libro». Strana impressione davvero, quando si citano con millimetrica precisione le amenità del duo, con tanto di numero di pagina. Poi, si sa, le impressioni tali sono e tali rimangono. E la discussione finisce qui.

«L’articolo dello sconosciuto sotto pseudonimo è scritto bene ed è scientifico perché lo diciamo noi scienziati». Beh, sì. Si chiama «validazione scientifica», in cui ciò che conta è la qualità dell’argomentazione, degli strumenti di analisi, della bibliografia consultata e di come viene citata, dei risultati raggiunti in sede di ipotesi critica, ecc. Ciò che conta è il rigore del metodo, ancora una volta, il quale porta a conclusioni le quali, se non sono certo verità su cui giurare come sul dogma trinitario, sono tuttavia interpretazioni fondate. La peer review prevede che i revisori non conoscano il nome dell’autore della ricerca da vagliare, tra l’altro, quindi se qualcuno, anche con nickname, scrive cose che vengono ritenute corrette secondo quanto sopra, benissimo. Non fosse così, non avremmo nemmeno letto dei volumi autopubblicati, privi di valutazione esperta preventiva, autopromossi, autorecensiti. Ma siccome siamo aperti a ogni contributo, abbiamo voluto leggere anche ciò che, a tutta prima, puzzava di dilettantismo lontano un chilometro. Tale rifiuto di perder tempo è stato peraltro la scelta che ha fatto il 99,9% degli accademici italiani. Noi abbiamo preferito invece leggere, e poi mettere sull’avviso gli appassionati non specialisti.

«Si autoproclamano superiori». Mai fatto, da nessuno. Abbiamo sempre argomentato con rigore e gran copia di citazioni precise. Ma certo, se si parla di metodo di ricerca, storiografico ed estetico, di lavoro pubblicato o di didattica, bene, siamo certamente superiori a Bianchini e Trombetta (non che ci voglia molto).

«Senza fomentare inutili asti!». Medice, cura te ipsum.