Per gentile concessione dell’editore xG Publishing, pubblichiamo il seguente contributo di Carlo Vitali. L’articolo è stato pubblicato sul numero di marzo 2016 della rivista «Classic Voice», pp. 48-49.
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Parte 1 Parte 2
INCONTRI / SCONTRI – MI PIACE MOZART
di Carlo Vitali
Della morte di Amadé il colpevole letterario — da Puškin a Shaffer — è Salieri. Ma la tesi dell’avvelenamento, già infondata per Beethoven ma resuscitata da Rimskij Korsakov (1898) e da Forman (1984), cade per mancanza di indizi e documenti, che invece abbondano sulla stima reciproca
AMICI A SORPRESA
L’esperto di Salieri, Timo Jouko Herrmann, scartabellando sul catalogo on line della biblioteca musicale del Museo nazionale di Praga, si è imbattuto nella cantata – ritenuta scomparsa – Per la ricuperata salute di Ofelia, scritta dal librettista Da Ponte e classificata nel catalogo Köchel delle opere del Salisburghese come K 477a: facendosi consegnare accanto al testo anche le note, Herrmann ha infatti scoperto che gli autori indicati erano Mozart e Salieri. Ovvero la prova di una reale collaborazione tra i due che smentisce il presupposto (prettamente letterario per la verità) di un acceso antagonismo tra il Salisburghese e il compositore di Legnago (Verona) Antonio Salieri, presente alla corte dell’impero asburgico nello stesso periodo. La cantata di Mozart-Salieri ha avuto la sua prima esecuzione moderna (ascoltabile qui con Plus) a Praga, Museo della musica, il 16 febbraio scorso, al cembalo Lukás Vendl.
La scoperta di un Lied su versi di Da Ponte che vede Mozart e Salieri comporre a sei mani col tenore Alessandro Cornetti in onore del soprano italo-inglese Nancy Storace, la prima Susanna, contrasta col mito mediatico di Amadeus; ma gli studiosi già ne sapevano l’esistenza da annunci pubblicitari coevi riguardanti la riduzione pianistica a stampa – Vienna, Artaria, 1785 – con il titolo Per la ricuperata salute di Ofelia. La leggenda dell’Italiano rivale e presunto omicida del Salisburghese nasce nel 1824. Nei primi mesi di quell’anno venti di calunnia fischiano su Vienna, filtrando persino nei quaderni di conversazione di Beethoven. Il Kapellmeister emerito Antonio Salieri, nato nel 1750, è ricoverato per demenza senile; si dice che abbia tentato il suicidio e che nel delirio si accusi della morte di Mozart. Circostanza smentita dall’interessato conversando in un lucido intervallo con il pianista Moscheles. Nell’autunno Giuseppe Carpani pubblica una lettera aperta in difesa del connazionale; la “Allgemeine musikalische Zeitung” ne riferisce destando scandalo e incredulità. Salieri morirà il 7 maggio 1825; i suoi sommi discepoli Beethoven e Schubert, che in vita gli avevano dato prove di affetto, gli sopravvivono di poco. Né loro né tanti altri suoi allievi a titolo gratuito – fra cui Franz Xaver Mozart, figlio postumo di Wolfgang – mostrano di credere alle voci. Scettico pure il figlio maggiore Carl Thomas, il quale deplora “la tendenza degli uomini a prestar fede alle insinuazioni malvage, strane e misteriose”. Non così Carl Maria von Weber, che però è affetto da italofobia musicale e aveva solo cinque anni al tempo in cui morì il suo illustre cugino acquisito.
Rossiniano di ferro era invece Puškin, autore nel 1830 di una “piccola tragedia” in versi dapprima intitolata Invidia e poi Mozart e Salieri; da essa Rimskij-Korsakov ricavò il libretto dell’omonima operina da camera per tenore, baritono e coro ad libitum. In occasione della prima moscovita (7 dicembre 1898), i due assoli pianistici in scena furono realizzati da un giovanotto di belle speranze: Sergej Rachmaninov; il basso Fëdor Šaljapin, anch’egli quasi esordiente, cantava Salieri. Dopo quasi un secolo lo champagne avvelenato – melodrammatica fantasia puškiniana – evapora nelle psicobùbbole dell’analista junghiano Florian Langegger: Mozart fu vittima di un inconscio suicidio edipico dovuto alla scomparsa del padre Leopold. Col drammaturgo inglese Peter Shaffer torna in ballo l’invidia di Salieri. Nel suo Amadeus (Londra 1978-1981) è lui il misterioso uomo mascherato che spinge Mozart a uno stress lavorativo fatale ordinandogli un Requiem ben pagato e poi insistendo per farglielo completare sul letto di morte. Ma si sa per certo che il committente era il conte Franz von Walsegg, un eccentrico plagiario.
L’affabulazione un poco surrealista della pièce teatrale dilaga nella cultura di massa con l’illusionismo hollywoodiano della pellicola firmata Miloš Forman (Amadeus, Usa, 1984). Otto premi Oscar, milioni di spettatori, passaggi televisivi, videocassetta, director’s cut su dvd nel 2002. Operazione assai mistificante, poiché per “vendere” la grandezza di Mozart a una plebe mediatica globale se ne doveva banalizzare tutto il contesto. L’imperatore Giuseppe II, Leopold Mozart, Constanze: tanti cretini rompiscatole. Schikaneder tenutario di una proto-discoteca. Salieri? Poche battute della sua musica, mal eseguite ad arte, ne facevano un totale incapace. Chi scrive ricorda il commento di un commosso spettatore trasteverino: “Anvedi che j’hanno fatto ar pòero Mozzart!”. Per dirla con Giorgio Pestelli: “non si creda troppo che il ‘fattore Amadeus‘ abbia comunque fatto avanzare la conoscenza di Mozart”. Al massimo ha provocato ibride ricadute tipo Rock me Amadeus, berciata davanti a folle plaudenti dal rapper viennese Falco. Lasciando in pace poeti, cineasti e pop star, nelle vite parallele di Mozart e Salieri difettano indizi concreti di un boicottaggio dell’italiano ai danni del più giovane collega, ma se ne trovano in senso opposto alla leggenda nera.
7 febbraio 1786: all’Orangerie del palazzo di Schönbrunn, Giuseppe II organizza una gara fra Salieri e Mozart sul tema delle rivalità teatrali. Il primo presenta un’opera buffa (Prima la musica e poi le parole, pagata 100 ducati), il secondo un Singspiel consistente in un’ouverture, due arie e un terzetto (Der Schauspieldirektor, 50 ducati). Favoritismo imperiale? No, tariffa d’uso in relazione al diverso impegno.
Primavera 1786: le spesso citate memorie del tenore irlandese Michael o’ Kelly, partigiano confesso di Mozart, parlano non già di una cabala di Salieri per ostacolare il successo delle Nozze di Figaro al Burgtheater, bensì delle cabale di tre compositori, fra cui il bolognese Vincenzo Righini, in gara per la precedenza. Qui Wolfgang non ci fa proprio la figura dell’agnello indifeso: “Mozart era suscettibile come polvere da sparo e giurava di voler dare alle fiamme la partitura della sua opera se non fosse andata in scena per prima; le sue pretese erano sostenute da un forte partito”. Giuseppe II decise la gara a suo favore, il Demogorgone di Righini (libretto di Da Ponte) arrivò secondo, ma l’opera di Salieri, Cublai gran Can dei Tartari (parole dell’abate Casti), fu respinta per motivi politici. A detta di Da Ponte, le cabale antimozartiane vennero semmai dal conte Orsini Rosenberg, sovrintendente ai teatri imperiali.
Prima metà del 1790: Mozart scrive all’arciduca Franz, futuro imperatore, pregando di raccomandarlo per il posto di secondo Kapellmeister, “tanto più che il pur valentissimo Kapellmeister Salieri non si è mai dedicato allo stile da chiesa, di cui invece io mi sono impadronito fin dalla giovinezza”. Non sappiamo se la soffiata, che si conserva in minuta autografa al Mozarteum, fosse mai spedita; peraltro anche Salieri scrisse abbondante musica sacra prima e dopo quella data.
Estate-autunno 1791: Salieri declina l’offerta di comporre un’opera per la triplice incoronazione del nuovo imperatore Leopoldo II (a Francoforte, Presburgo e Praga). La commissione praghese passa così a Mozart, e sarà La clemenza di Tito. Viceversa fra i lavori sacri che Salieri dirige in quell’occasione nella sua qualità di primo Kapellmeister ve ne sono alcuni di Mozart. E il 13 ottobre, su invito dell’autore, Salieri sarà spettatore entusiasta del Flauto magico. Già: questo lo racconta anche il film, ovviamente a riprova della sua ipocrisia omicida.
Negli ultimi decenni, mentre la musicologia seria liquidava la tesi del veneficio per invidia, quella romanzata costruiva nuovi eccitanti scenari a base di allievi infedeli, mariti gelosi e bastonatori, complotti polizieschi o massonici. Ma di cosa morì Mozart? Prendendo atto che anche gli uomini di genio soffrono di malanni ordinari, una fluviale letteratura medica enumera oltre 120 possibili cause di morte naturale o magari iatrogena. In ultimo (Fitzgerald 2000) spunta una diagnosi di epidemia virale compatibile con quelle formulate dai dottori del 1791: febbre reumatica infiammatoria (rheumatisches Entzündüngsfieber) oppure febbre miliare acuta (hitziges Frieselfieber). Molto rumore per nulla, direbbe uno che di tragedie se ne intendeva.
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