Claudio Bolzan – Il canto e la grazia. L’universo delle cantate di Bach
“Non si tratta […] di un lavoro musicologico teso a rivelare dati inediti o autentiche scoperte” scrive Bolzan nell’introduzione alla sua ultima fatica. Si concede, se per musicologia s’intendono le sparate sensazionalistiche di visionari in cerca di notorietà con qualche picconata al piedistallo del monumento. Bach è stato descritto in vari studi recenti come: teppista giovanile, plagiario, adultero, falso devoto, antisemita precursore del nazismo e (dulcis in fundo) ghost-writer di sua moglie Anna Magdalena. Nulla di questo vanitoso immondezzaio il lettore troverà nel presente volume, ma “soltanto” un percorso cronologico attraverso le 200 e più cantate del maestro di Eisenach, corredato dai dati storici di contesto e dall’analisi passo per passo dei molteplici piani semantici che le connotano. Fonti, traditio e usi sociali, modelli teologici e retorici, organici vocali e strumentali, armonia verticale e contrappunto, controversie attributive, definizioni di genere, imprestiti ascendenti e discendenti. Nuova oggettività ovvero divulgazione di servizio spogliata di carica valoriale? Tutt’altro, perché la dimensione del giudizio estetico riaffiora in continuazione, suggerita con una continenza di linguaggio tanto più efficace rispetto al servo encomio e al codardo oltraggio del critico-vedette. Parlando ad esempio della cantata profana di dubbia attribuzione “Non sa che sia dolore” Bwv 209, sarebbe facile maramaldeggiare sullo scarto fra una veste musicale di alta qualità e una base poetica tanto scalcinata da indurre il sospetto della parodia ridanciana maturata in un consesso di goliardi. Sentite invece l’amabile understatement del nostro studioso: “un testo non propriamente elegante e raffinato” (p. 248). Altrove, come nelle schede dedicate alle grandi cantate sacre del terzo ciclo di Lipsia, fiorisce ben altrimenti l’aggettivazione: “ampia e sontuosa” la Bwv 110 (“Unser Mund sei voll Lachens”), mentre “creazione di squisita fattura” è definita la poco nota Bwv 187 (“Es wartet alles auf Dich”). E “lavoro assai prossimo ad una scena operistica” – noi preferiremmo dire: intermezzo napoletano inzuccherato alla sàssone e magari ispirato ai coevi lavori di Hasse – sarà a buon diritto la Kaffeekantate Bwv 211. Dio e Mondo, eloquenza sacra e piccole passioni quotidiane: davvero un universo racchiuso in 378 pagine.
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