1) L’INDIPENDENZA DELLE MANI
“L’uso della bacchetta si impose solo nell’Ottocento, quando iniziarono a differenziarsi il controllo del tempo dell’orchestra, affidato alla mano destra, e la trasmissione delle dinamiche, del fraseggio, del cd. ‘andamento agogico’ (crescendo e diminuendo, accelerando e allargando, e così via), affidato invece alla mano sinistra.” (Enciclopedia Treccani, ad vocem “direttore d’orchestra”).
Corollario: L’indipendenza delle mani è ciò che distingue il direttore d’orchestra dal comune battisolfa. A costui/costei meglio s’addice la mano sinistra pendula lungo il fianco.
Commento: Muovi pure le mani e tutto il resto, ché tanto l’orchestra suona lo stesso (Mirko Schipilliti).
Corollario al commento: “In una grande città tedesca viveva un malato di mente, figlio di genitori agiati, che si fissava di essere un geniale direttore d’orchestra. Per curarlo, la sua famiglia gli scritturò l’orchestra migliore e gli diede la possibilità di dirigere la 5.a Sinfonia di Beethoven. Anche se il giovane era un profano della più bell’acqua, l’esecuzione non risultò peggiore di tante altre esecuzioni correnti. Infatti l’orchestra, che sapeva suonare il pezzo a occhi chiusi, non si preoccupò affatto degli attacchi sbagliati dati dal dilettante, e la follia di quest’ultimo si trovò confermata.” (Theodor W. Adorno, Introduzione alla sociologia della musica, cap. 7).
2) IL PARADOSSO AGOGICO
“Gli accelerandi non si ottengono sbracciandosi, ma con gesti progressivamente più piccoli e veloci” (Luca Logi).
Proverbio: Meglio meno ma meglio (Vladimir Il’ič Ul’janov).
3) L’ANTICIPO
Questo tipo di tecnica richiede una consumata esperienza, visto che il tempo battuto dal direttore precede sempre di un infinitesimo quello suonato degli esecutori. Ma quando il direttore teme che l’orchestra non sia in grado di seguirlo, anticipa così tanto che finisce cinque battute prima.
Corollario primo: Il principante si ferma ad aspettare e il tempo va a farsi benedire; il professionista esperto continua con il suo tempo e prima o poi l’orchestra suonerà quel che si è diretto (Luca Logi).
Corollario secondo: Il direttore che saltella e ancheggia a tempo della musica eseguita non è ancora un direttore ma un mimo o un ballerino. Il tipo opposto (l’ansioso) non è più un direttore. In entrambi i casi l’orchestra ben costumata si farà un dovere di guardare altrove; ad esempio in direzione del violino di spalla.
4) RUBARE LA SCENA
“Il direttore che ‘posa’ per la galleria [o per la telecamera, ndr] produce un’impressione penosa sopra tutto quando accompagna un solista, perché la parte che allora egli si attribuisce è in stridente contrasto con quella che gli incombe. In generale, l’accompagnamento può servire da ottima pietra di paragone per giudicare la tecnica di un direttore d’orchestra.” (Lazare Saminsky, L’arte del direttore d’orchestra).
Proverbio: Meglio solisti che male accompagnati.
Commento: “Il direttore d’orchestra è l’immagine di colui che ha un rapporto diretto con il pubblico, mentre ad un tempo la sua specifica attività musicale è di necessità estranea anche al pubblico nella misura in cui il direttore non suona nessuno strumento; egli diventa così un musicista-attore, e proprio questo contraddice una rappresentazione davvero aderente alla musica.” (Theodor W. Adorno, Introduzione…, cit.).
5) MINIMO SINDACALE
“Ci sono due regole d’oro per un’orchestra: iniziare insieme e finire insieme. Il pubblico non sa un accidente di cosa succede in mezzo.” (Sir Thomas Beecham).
Commento: Non è bene che i commensali del banchetto vadano a curiosare in cucina. Lo diceva anche Gianandrea Gavazzeni.
6) MAGISTER VERBOSUS
“Maestro, una parola di più e noi ci mettiamo a suonare esattamente come lei sta dirigendo!” (attribuita ad un primo violino della Wiener Staatsoper, data imprecisata).
Proverbio: Se non è vera è ben trovata.
Commento empirico: Non è prudente far imbufalire un’orchestra viennese al completo, o anche “solo” la sezione degli archi (Vittorio Colombo).
Commento filosofico: “La resistenza emotiva delle orchestre si rivolge contro ogni elemento di mediazione, contro tutto ciò che non è né (pura) tecnica, né comunicazione diretta. Il direttore d’orchestra loquace è sospetto come una persona che non è in grado di concertare decisamente ciò che pensa, o che tira per le lunghe con le chiacchiere le odiatissime prove. L’avversione contro i discorsi deriva in eredità agli strumentisti d’orchestra dal lavoratore manuale: sospettano che l’intellettuale che sa parlare – cosa che essi non sanno fare – li imbrogli. Giocano forse in questo meccanismi arcaici, inconsci. L’ipnotizzatore tace, e tutt’al più impartisce comandi. Non spiega, perché la parola razionale spezzerebbe l’incanto della trasmissione”. (Theodor W. Adorno, Introduzione…, cit.).
ESEMPI FILMATI
Sinfonia dalla Semiramide di Rossini, direttore Giovanni Allevi
Sinfonia dalla Gazza ladra di Rossini, direttore Beatrice Venezi
In bretelle nella fossa di Bayreuth, direttore Hans Knappertsbusch (1959)
Come sopravvivere a un direttore incompetente: sei consigli pratici a beneficio degli orchestrali (animazione, in inglese)
DOMANDA DI CONTROLLO
Esiste un qualche rapporto fra la direzione d’orchestra e la ginnastica aerobica?
Risposta 1: molto
Risposta 2: abbastanza
Risposta 3: poco
Risposta 4: nessuno
IL GUINNESS DELLE BACCHETTE
1) I maestri di cappella dell’epoca pre-romantica battevano il tempo con un foglio di carta arrotolato, con una mazza o con un archetto da violino. Si dice che il primo ad introdurre stabilmente nel 1835 l’uso della leggera bacchetta di legno sarebbe stato Mendelssohn al Gewandhaus di Lipsia, ma forse era stato preceduto da Spohr alla Philharmonic Society di Londra (1820).
2) La bacchetta usata a Dresda da Spontini, che nel 1844 la commissionò appositamente al suo giovane collega Richard Wagner, era una massiccia verga di ebano con due pomelli d’avorio alle estremità. La brandiva al centro come se fosse un bastone da maresciallo.
3) La più costosa è forse quella posseduta a metà Ottocento da Louis-Antoine Jullien: “una splendida bacchetta di acero, riccamente montata in oro e tempestata di preziosi diamanti”.
4) Il primato per la più lunga e pesante bacchetta del mondo (3 metri) appartiene a Kenton J. Hetrick, che il 14 ottobre 2006 l’usò per dirigere la banda dell’Università di Harvard in Così parlò Zarathustra.
5) Il primo direttore a farne completamente a meno sarebbe stato il russo Vasilij Il’ič Safonov (1852-1918).
6) Valerij Gergev, che di solito dirige a mani nude e a memoria, usa a volte una bacchetta non più lunga di uno spiedino per arrosticini, oppure un mozzicone di matita.
24 Marzo 2021 il 10:10
Analisi pregevole ed efficacie, grazie !
24 Marzo 2021 il 11:40
Grandissimo Knappertsbusch! E pensare che non era nemmeno nazista. Non ebbe mai la tessera del Partito, anzi una volta domandò a un diplomatico tedesco incontrato in Olanda se se per caso lui non fosse un Muß-Nazi (nazista obbligato) per motivi di carriera. In conseguenza, il suo contratto con l’opera di Monaco fu cancellato. (Norman Lebrecht, _The Maestro Myth_, p. 103). Una brutta notizia per i signori Bianchini & Trombetta.
4 Aprile 2021 il 10:10
“Non gli piaceva provare. Una volta stava eseguendo la Quinta di Tschaikowsky con la Filarmonica di Vienna. Arrivò al secondo movimento, con l’assolo di corno e disse ‘Cominciamo’. Dopo poche battute si fermò e disse: ‘Ci vediamo stasera. Voi conoscete il pezzo, io conosco il teatro’. Il solista di corno protestò: ‘Sono nuovo, non ho mai suonato questo pezzo in un concerto’. E Knappertsbusch: ‘Le piacerà, è una musica bellissima’!
(cit. Roger Vaughan: Herbert von Karajan – Longanesi, Milano 1986, pagg.237-238)
“Stava dirigendo in Italia, dove a volte è necessario urlare con gli orchestrali per farsi ascoltare. Un vecchio orchestrale aveva avvertito Knappertsbusch di andarci piano, l’oboista una volta aveva accoltellato qualcuno. Pochi giorni dopo in prova Knappertsbusch esasperato sbattè giù la bacchetta e disse all’oboista: ‘Mi ammazzi pure, ma lei suona come un maiale’.
(Ibid. pag.243)
16 Aprile 2021 il 18:45
Rileviamo con piacere che Donna Beatrice (o il suo ufficio stampa per lei) si è saviamente degnata di cancellare “per violazione di copyright” il video che qui sopra la ritraeva alla guida di un’orchestra argentina. Poco male: YouTube abbonda di altri esempi non meno eloquenti della sua arte direttoriale.
Come questo: _Il bel Danubio blu_, celeberrimo valzer di Johann Strauss jr che suole fare le spese dei concerti di Capodanno in giro per il mondo. A vibrare sotto la bacchetta della direttor* lucchese è stavolta l’Orchestra Classica di Madeira (Funchal, 1° gennaio 2018). Prosit Neujahr!
https://www.youtube.com/watch?v=F05u9xg8mB0&ab_channel=DavidBarcelos
23 Ottobre 2021 il 01:20
Forse sarà una coincidenza o forse no, chi può dirlo? Non siamo di quelli che ritengono di essere l’ombelico del mondo virtuale. EPPURE: per la seconda volta dalla pubblicazione del presente articolo “Questo video non è più disponibile a causa di un reclamo per violazione del copyright da parte di Beatrice Venezi”.
Reclamo da parte della biondissima direttor* o di chi per lei; occhiuto ufficio stampa o inflessibile algoritmo sforbicione?
Se la prima ipotesi fosse la vera, gli Autori si dichiarano lusingati da cotanta attenzione, e in segno di ringraziamento passano a segnalare un terzo link non meno eloquente dei due già soppressi. Ora la sullodata direttor* “dirige” addirittura il Divertimento KV 136 in re maggiore ridotto a quartetto d’archi.
https://www.youtube.com/watch?v=CrkNSo4lXJ4
26 Ottobre 2021 il 11:53
Da quando si dirigono musicisti in quartetto d’archi? Cose che fanno gli studenti, per imparare. O in rari casi per repertori contemporanei.
27 Ottobre 2021 il 14:08
Comincia ad avverarsi la profezia di Piero Rattalino sul futuro impiego di un direttore anche per i solisti di pianoforte non accompagnato :-)) Mi ricordo peraltro di un musicologo piuttosto supponente che suole dirigere con enfatica gestualità complessi madrigalistici a cappella formati da quattro o cinque esperti cantori. Come direbbe il nostro co-accademico Paolo Congia, costui — al pari della direttor* lucchese — s’ispira alla filosofia dell’UCAS (Ufficio Complicazione Affari Semplici).