Un italianista romano, gran brav’uomo ma troppo incline a sentenziare in materie delle quali è felicemente ignaro (di lui avevamo già parlato), ci delizia le narici con questa fragrante violetta primaverile indirizzata al suo sodale Bianchini dottor Luca:
Oh questa gli è davvero bellina: “pretese idolatriche della purezza ariana di WAM e della collegata Wiener Klassick [sick-sic, ndR]”. Dove avrà mai letto cotali baggianate se non nei volumoni della coppia di Sondrio e in qualche delirante libello propagandistico del Terzo Reich? Come chi dicesse: “Durante la tirannia hitleriana si parlava tedesco e si stampava il Faust, QUINDI Goethe è un precursore del nazismo, un mito idolatrico inventato dal dottor Goebbels per esaltare la Scuola Ariana di Weimar”. Tipica logica da antifascisti immaginari e bufalari effettivi. Ma prima del Reich millenario, anzi duodecimale (1933-1945), non se ne ne sapeva altro?
Certo da un musicologo del dì di festa che scrive “Wiener Klassick” [sick-sic] non ci si può attendere che conosca la favella degli Alemanni né che si applichi a decifrare la sua barbarica Frakturschrift (vulgo: “gotica”). Diversamente saprebbe che di siffatti vuoti pneumatici del pensiero non v’è traccia non diciamo nella musicologia togata (ne avevamo già parlato qui), ma nemmeno nella divulgazione seria dell’Ottocento romantico, al quale la Scuola Sondriota attribuisce invece un ruolo fondamentale nella creazione del mito nazionalista, pangermanico, italofobo, razzista e chi più ne ha. Citiamo da un recente instant-book fantamusicologico dei signori Bianchini e Trombetta:
Cosa è successo dopo il 1791? Come è stato creato il mito di Mozart? La costruzione del genio era servita all’inizio per far fronte alle difficoltà economiche di Constanze, la giovane vedova. Fu poi usata a fini di lucro dalle case editrici. Ripresa in età romantica per fare emergere l’eroe nazionale, compare ancora nel Novecento per rendere grande la Germania, che voleva dimostrare d’essere la nazione della musica. Ecco, il mito di Mozart è servito a tutte queste cose e ora Mozart è diventato un’etichetta, un marchio di fabbrica
Luca Bianchini – Anna Trombetta, “Mozart. La costruzione di un genio” [1]
Ma veniamo ora alla decostruzione della decostruzione. Così scriveva nel 1844 una rivista generalista che usciva come supplemento culturale del quotidiano liberal-moderato di Augusta “Allgemeine Zeitung”:
Gluck, Haydn e Mozart furono debitori agli Italiani di gran parte della loro formazione musicale; a quel tempo vi era ancora l’usanza di compiere in Italia un viaggio d’arte (cioè non in senso moderno) [leggi turistico, ndR], ma un viaggio per apprendere in profondità il lato tecnico. Il contrappunto e la scrittura rigorosa e ‘osservata’ erano ancora per metà considerati un segreto di cui si poteva acquisire la scienza più completa nelle grandi scuole d’arte milanesi e romane. In Germania l’opera era ancora essenzialmente italiana, quasi tutte le cantate e i brani vocali più estesi avevano un testo italiano […] Come compositori strumentali, Mozart e Haydn stanno nel più intimo rapporto con l’italiano Boccherini; in questo campo non si possono apprezzare storicamente i due maestri tedeschi senza considerare quest’ultimo. Ma qui non c’è imitazione, bensì fusione reciproca tra gli elementi più splendidi delle due nazionalità, e a vantaggio di entrambe
“Morgenblatt für gebildete Leser” del 9 novembre 1844 [2]
Ci dia retta il dr. prof. Valente: si astenga per il suo bene dal fornire sempre nuove testimonianze della propria servizievole incompetenza. In caso contrario potrebbe vedersi applicata la proverbiale riposta di Apelle a quel ciabattino che s’impancava a critico d’arte: “ne supra crepidam sutor iudicaret”. Nell’ipotetico originale greco latinizzato da Plinio il vecchio (Naturalis historia XXXV.85) suonava forse: “Όχι παραπέρα απ’ το σανδάλι, τσαγκάρη!” Ma ancor meglio nella plebea versione meneghina: “Ofelè, fa el to mesté!“
NOTE
[1] Luca Bianchini – Anna Trombetta, Mozart. La costruzione di un genio, Tricase, YouCanPrint, 2019: p. 11, e ulteriormente questo articolo e questo articolo sul nostro sito
[2] Musikalische Charakteristiken: Die Strebungen der Gegenwart in ihrer Abhängigkeit von den Einflüssen der alten Wiener Tonschule. Fortsetzung, articolo non firmato in: “Morgenblatt für gebildete Leser”, Stuttgart und Tübingen, Cotta, n.° 270 (9 novembre 1844), p. 1078 sgg. Si trattava, come dichiarato dal titolo, di un viatico mattutino per “lettori istruiti”; categoria non troppo inclusiva a quei tempi, e oggi forse meno che mai. Testo originale a beneficio dei decostruttori di Pasquetta: “Gluck, Haydn und Mozart verdankten ein groß Theil ihrer musikalischen Bildung den Italienern; es war damals noch Sitte, eine Kunstreise, d. h. keine moderne, sondern eine Reise zur gründlichen Erlernung des Technischen nach Italien zu unternehmen; den Contrapunkt und die strenge, gebundene Schreibart betrachtete man noch halb und halb als Geheimniß, wovon man sich in den großen mailändischen und römischen Kunstschulen am füglichsten Wissenschaft erwerben könne. Die Oper war in Deutschland noch immer wesentlich italienisch, fast alle Cantaten und größeren Gesangstücke hatten italienischen Text […] So stehen Mozart und Haydn als Instrumentalkomponisten in der innigsten Beziehung zu dem Italiener Boccherini; man kann die beiden deutschen Meister in diesem Zweige nicht historisch würdigen ohne Rüdsicht auf jenen; hier ist aber keine Nachahmung, es ist vielmehr gegenseitiges zueinanderschmelzen des Herrlichsten beider Nationalitäten, beiden zum Heil.”
8 Aprile 2021 il 18:07
lo stile italiano,melodico, stilisticamente ben strutturato, non incline al virtuosismo fine a sé stesso, godibilissimo per la tessitura di lunghe frasi in stile contrappuntistico straordinario per quel tempo ( fine secolo XVII° e secolo XVIII°) una specie di stile antico modernizzato Mozart lo ha assimilato anche a Parigi dove gli Italiani Michele Mascitti ,Jean Baptiste Stuck Antonio Piani e Antonio Guido hanno operato per più della metà del secolo XVIII° in un profondo cambiamento del gusto musicale francese operando quella fusione di stili che è denominato ” reunion des gouts “.Michele Mascitti è nato una generazione prima di Bach ed è vissuto sino al tempo delle prime sinfonie di Haydin. Lo stile italiano che Mozart ha acquisito nei suoi suoi viaggi e permanenza a Parigi è ben visibile nelle sue sonate per piano scritte in questo scorcio di secolo XVIII°. L’ Italia era in grado di dare non di ricevere,ciò che compirono gli italiani da Carissimi a Paisiello in Italia e dagli italiani in Francia e Germania vive ancora racchiuso nelle opere dei loro contemporanei tedeschi e noi moderni godiamo ogni giorno, senza sospettarlo, le produzioni intellettuali che per noi non sono più che nomi o nomi ormai dimenticati. La Germania,se non dette nulla ai compositori italiani del settecento,pagò ad usura il suo debito alla musica italiana perché le dette l’immortalità
10 Aprile 2021 il 18:52
Che Mozart dovesse andare a Parigi per apprendere lo “stile antico modernizzato” grazie agli Italiani in generale e ai Napoletani in particolare mi pare una grossa stortura. A Parigi poteva riuscirci meno che altrove, visto che colà l’egemonia della tradizione nazionale lullista intralciava la strada agli apporti di altre scuole. Per far fortuna al Concert Spirituel, all’Académie Royale de Musique e a Versailles occorreva avvicinarsi allo stile francese di moda: ne sono testimoni Cambini e Haydn nello strumentale; Piccinni, Gluck e Salieri nell’opera.
A Vienna e a Monaco di Baviera, e magari a Salisburgo, avrebbe potuto apprenderlo molto meglio; oppure a Londra, dove il culto di Corelli sopravvisse più a lungo che nel resto d’Europa, Italia compresa. Per non parlare di Napoli, Roma, Milano e Bologna, città nelle quali Mozart fece lunghi soggiorni.
Giusto a proposito di Bologna, dove mezza Europa andava a prendere lezione da Padre Martini, vale la pena di citare un giudizio di quest’ultimo su JS Bach datato 1750 (minuta di lettera al collega tedesco Johann Baptist Pauli dal quale aveva ricevuto un pacco di musiche bachiane): “Stimo superfluo voler descrivere il merito singolare del Sig. Bach, perché è troppo cognito ed ammirato non solo nella Germania, ma in tutta la nostra Italia, solamente dico che stimo difficile trovare un professore che lo superi, perché oggi giorno egli può giustamente vantarsi di esser uno de primi che corrano per l’Europa”. Certo Padre Martini era meglio informato della media, ma quella di un Bach sconosciuto in vita fuori dai confini tedeschi è una favola di comodo gonfiata per alimentare il nazionalismo italiano del Novecento (Torrefranca). E certo in materia di réunion des goûts “la vecchia parrucca” non era seconda a nessuno, nemmeno a Couperin.
In conclusione: per rivalutare Mascitti e la sua scuola non mi pare necessario né opportuno ribaltare i tavoli facendo di Parigi la metropoli dell’italianità musicale, il che è palesemente contraddetto dall’evidenza storica.