Di Carlo Vitali e Paolo Congia

Ennesima marcia per il fango dei neomusicologi negazionisti, detti anche Bufalari. Siccome nel Primo Teorema di Giorgio Taboga sta scritto “Non esistono geni autodidatti”, i suoi eredi e seguaci si esercitano nella character assassination di tutti quelli che hanno insegnato qualcosa al piccolo Wolfgang: Leopold Mozart, il marchese di Ligneville, Johann Christian Bach… Qui è la volta di padre Martini, il maestro dei maestri. Omnia immunda immundis.

Mozart con aiutino: antifona Quaerite primum regnum Dei KV 86/73v (autografo, Bologna, Museo internazionale e biblioteca della musica, UU.11 )

Nel 1779, interpellato come membro della commissione di esperti che doveva esaminare i candidati a maestro di cappella del Duomo di Milano, padre Martini non votò per il proprio ex allievo Giuseppe Sarti; anzi gli preferì Gabriele Vignali, maestro di cappella a San Giovanni in Persiceto. Il bando di concorso prevedeva naturalmente l’anonimato degli elaborati da giudicare, ma Sarti, con una mossa invero poco etica, si raccomandò al maestro di cappella padovano padre Francesco Antonio Vallotti, da cui sembra avesse anche preso qualche lezione, con due supplichevoli letterine (22 maggio e 5 giugno) dove gli forniva i grimaldelli utili a violare il segreto d’ufficio. Come prevedibile – e forse previsto dal mittente – Vallotti passò il carteggio all’amico e confratello Martini, il quale lo incluse nella cartella degli affari riservati e poi, in apparenza senza fretta, rilasciò il proprio motivato “giudicio” datandolo 15 agosto (poi corretto in 19), e corredandolo del proprio sigillo personale.

Alla fine Sarti – compositore di eccellente caratura che prima e dopo quella data fece furore come operista a Copenhagen, San Pietroburgo e Vienna – ottenne la nomina a larga maggioranza dei voti espressi dai Fabbricieri milanesi (19 favorevoli e 1 contrario); però non grazie alla preferenza di padre Martini bensì contro il suo parere tecnico, che ne evidenziava senza sconti le licenze armoniche e contrappuntistiche. Il giudizio del Vallotti fu invece positivo, sebbene in termini ben più tiepidi di quelli sfacciatamente suggeritigli da Sarti: “optime”, “magistraliter”, “artificiosa”. Tutta la relativa documentazione si conserva nella biblioteca del Convento di San Francesco in Bologna (Ms. 54) e nelle carte Vallotti all’archivio padovano dell’Arca del Santo; Luigi Torri ne pubblicò una sostanziosa porzione nella “Rivista Musicale Italiana” del 1895 basandosi sull’altra copia della perizia martiniana conservata nell’archivio della Fabbriceria del Duomo, e ulteriori ampi stralci si possono leggere nella biografia di Leonida Busi (1891). Allora come mai nel caso di Wolfgang padre Martini aveva derogato al suo severo standard etico fino ad offrire un aiutino sottobanco al candidato? Occorre saper distinguere fra i due casi.

Il posto di maestro della massima cappella musicale milanese comportava grandi responsabilità artistiche e organizzative, da riservarsi ad un professionista già maturo e sperimentato. L’aggregazione all’Accademia Filarmonica di Bologna era invece un diploma professionalizzante solo per i musicisti locali, ma Mozart l’ottenne secondo l’usuale formula di “maestro compositore alla forestiera”; era dunque un titolo poco più che onorifico, proprio come quello di “maestro di cappella dell’Accademia Filarmonica di Verona” che gli verrà conferito con voto unanime il 5 gennaio 1771. Nel caso dell’esame bolognese, sostenuto il 9 ottobre 1770, si trattava di armonizzare a 4 voci secondo le rigide regole del “contrappunto osservato” (grosso modo palestriniano) un’antifona sorteggiata dal Graduale romano. Ad essere estratta fu “Quaerite primum regnum Dei“, testo dal Vangelo di Matteo 6/33. Da oltre un secolo e mezzo i relativi documenti musicali sono ampiamente noti e pubblicati con tanto di facsimili (ad es. Gaspari 1858, Vatielli 1922, Tagliavini 1956). Nessuna seria biografia mozartiana trascura di citare l’esistenza di tre versioni del compito d’esame; la versione originale e quella purgata da Padre Martini sono state incise su disco: nella prima si ascolta una graziosa sonatina per tastiera con accordi di settima diminuita, troppo moderni per un brano in stile ecclesiastico severo.

È chiaro che in questa fase il ragazzino Wolfgang (14 anni) aveva un’idea abbastanza imperfetta del contrappunto “osservato”, eppure il suo compito fu giudicato “sufficiente” dalla commissione d’esame con la prudente riserva “riguardo alle circostanze d’esso lui”. I bravi Accademici bolognesi (fra loro pochi nomi illustri ma per la maggior parte gente esperta del mestiere più un paio di nobili dilettanti) dimostrarono di non essere parrucconi inchiodati alle antiche tavole della legge come tanti Beckmesser di futura memoria wagneriana; se invece avessero respinto l’eccezionale candidato avrebbero ricoperto di perpetua vergogna se stessi e il loro sodalizio. Come Martini, “diffinitore perpetuo” dell’Accademia, non avrà mancato di far rilevare con la sua incontestata autorità.

Il voto a favore fu unanime? Di una dissenting opinion in seno ai diciassette esaminatori non v’è traccia nei verbali. Leopold Mozart afferma in una lettera alla moglie, datata Milano 20 ottobre 1770 (Bauer-Deutsch, Mozart: Briefe und Aufzeichnungen, doc. 214): “E giacché tutte le palline erano bianche [“da nun alle Kugeln weis (!) waren”], fu chiamato, e al suo ingresso tutti applaudirono e si felicitarono con lui dopo che il Princeps accademiae ebbe annunciato, a nome dei membri, la sua ammissione”. Di opposto parere sono Bianchini e Trombetta, che con la loro indubbia competenza in materia di Mozartkugeln tuonano: “votazione a maggioranza, non candida, avendo ottenuto palline bianche e nere” […] “ci furono delle palline nere” […] “È una vergogna che il lettore alla fine sia convinto che Mozart sia stato promosso a pieni voti dopo una prova tutta positiva, che al massimo ci fu solo un interessamento di Martini, personaggio retrivo e ancorato al passato”.

Retrivo? E quando mai, vista la sua gradevolissima produzione strumentale da camera, gli intermezzi buffi da lui musicati e i circa cento allievi che da ogni parte d’Europa sciamavano a Bologna per mettersi alla sua scuola di perfezionamento? Abbiamo la parola di Mozart senior, testimone oculare anche se ovviamente non disinteressato, contro quella dei due negazionisti moderni, i quali propongono la radiazione postuma di Padre Martini dall’albo degli insegnanti, ed eventualmente la sua condanna a un anno di reclusione ai sensi dalla legge 19 aprile 1925, n. 475. Nientepopodimeno! Alla conoscenza dei fatti documentabili questi pretesi viaggiatori nel tempo non aggiungono nulla di nuovo, se non malevole e cervellotiche speculazioni ispirate ad un moralismo peloso. Cosa non si farebbe per un quarto d’ora di notorietà a buon mercato?

BIBLIOGRAFIA

– Luigi Torri, Una lettera inedita del Padre Giambattista Martini, in “Rivista Musicale Italiana”, a. II (1895), pp. 262-286.

– Leonida Busi, Il padre G.B. Martini, musicista-letterato del secolo XVIII, Bologna, Zanichelli, 1891, pp. 323-333.

– Gaetano Gaspari, Schizzo di storia musicale in “Gazzetta Musicale di Milano”, 9 maggio 1858.

– Francesco Vatielli, L’esame di Mozart, in: “La Cultura musicale”, a. I (1922), pp. 35-36.   

– Luigi Ferdinando Tagliavini, “Accademico Filarmonico” in Mozart in Italia. I viaggi, Le lettere (a cura di Guglielmo Barblan e Andrea Della Corte), Milano, Ricordi, 1956, pp.108-122.

BUFALOGRAFIA

– Luca Bianchini e Anna Trombetta, Mozart. La caduta degli dei, vol. I, Tricase, Youcanprint Self-Publishing [ma: Leipzig, Amazon Distribution], 2016, pp. 231, 318, 319 e altrove passim.

Per la sua assistenza alle ricerche si ringrazia padre Maurizio Bazzoni OFMConv, bibliotecario del Convento di San Francesco in Bologna.

Sigillo di padre Martini (foto Maurizio Bazzoni)