Premessa alla versione italiana:
Se un’autorità riconosciuta esterna un apprezzamento su un lavoro, questo ne sancisce la qualità: chi pubblica, infatti, ama scrivere che la sua opera ha suscitato l’entusiasmo di tizio o caio. 
Tuttavia, se questo non corrisponde al vero, l’endorser malgré-lui potrebbe aversene a male.
E, ça va sans dire, l’errore è solo di chi ha vantato il millantato credito: lanciare strali per il mancato endorsement, oltre a essere cosa disonesta, è da cretini.Gli ineffabili Bianchini e Trombetta, nella prefazione del loro “Mozart in Italia”, citano il supporto ricevuto da un noto studioso, Cliff Eisen (King’s College, Londra, UK) (Wikipedia): cosa mai successa, come lo stesso Eisen ha già avuto modo di raccontare sul nostro sito. Da questo momento, nelle esternazioni FB di Bianchini, Eisen è passato da autorità indiscussa a studioso partigiano e impreciso, per il semplice fatto di non aver sostenuto le teorie autoreggenti dei riformatori di Sondrio. 
Non fosse che le imprecisioni di cui viene accusato Eisen, come egli stesso ci narra nel seguito, sono fabbricate ad arte dal Bianchini in persona, ad uso e consumo dei fedeli del Duo Di Sondrio che bevono qualsiasi cosa venga loro propinata.
Caro Bianchini, la prossima volta, per dirla con una frase a lei molto cara, “legga il libro”.
(Gli accademici della bufala)

“Quando il bue dice cornuto all’asino”, di Cliff Eisen

(Potete leggere qui l’originale inglese)

Di questi tempi si fa un gran parlare di informazione distorta, disinformazione e bugie vere e proprie su Internet. E si discute se piattaforme come Facebook e Twitter debbano o no esercitare una maggiore vigilanza su ciò che consentono di pubblicare. Di recente ho letto diversi articoli sul “New York Times”, dove si riporta che siti come Facebook e Twitter avrebbero ridotto il loro personale di sorveglianza, in alcuni casi a un direttore e solo altre cinque o sei persone. Dato il gran numero di utenti ― e abutenti ― di tali siti, si tratta di una clamorosa diserzione.

Purtroppo questo non è un problema che riguardi solo la politica o le “guerre di civiltà” fomentate dalla destra in tutto il mondo. È un problema anche per le discipline accademiche. Il 15 febbraio 2023, Luca Bianchini ― il Donald Trump degli studi mozartiani ― ha formulato in un post su Facebook alcune affermazioni francamente oltraggiose riguardo ad alcuni aspetti dell’edizione, da me curata, delle lettere familiari dei Mozart, in particolare quelle dall’Italia (Milano, Il Saggiatore, 2019). Bianchini scrive che non solo io non saprei usare le fonti primarie, ma che deliberatamente ignoro, traduco male o cito frammentariamente ogni fonte che non corrisponda alle mie idee preconcette su Mozart [“Se una fonte non gli piace, Cliff Eisen la ridicolizza, la cita a spizzichi e mozzichi, la traduce male o addirittura l’ignora pur di conformarsi alle proprie idee”.] Il che mi sembra un’applicazione del popolare proverbio circa il bue che chiama cornuto l’asino. Ad esempio egli cita la celebre lettera di Maria Teresa d’Asburgo all’arciduca Ferdinando, governatore di Milano:

“Vous me demandez de prendre à votre service le jeune salzbourgeois. Je ne sais comme quoi, ne croyant pas que vous ayez besoin d’un compositeur ou de gens inutiles. Si cela pourtant vous ferait plaisir, je ne veux pas vous en empêcher. Ce que je dis est pour ne pas vous charger de gens inutiles et jamais des titres à ces sortes de gens à votre service. Cela avilit le service quand ces gens courent le monde comme des gueux. Il a en outre une grande famille”.[1]

Bianchini pretende che «la sua lettera è considerata da Eisen “offensiva e priva di riscontro” e perciò ignorata. Frasi del genere vanno infatti contro la sua idea preconcetta che Mozart sia un dio.» E afferma inoltre, a mo’ di giustificazione, che l’imperatrice scrisse «la lettera al figlio dopo l’esito fallimentare della Finta semplice di Mozart a Vienna nel 1768 e del Mitridate a Milano del 1770. Dice quelle cose a ragion veduta. Mozart non era un dio». [sic!]

Bianchini ha ragione su una cosa: la lettera di Maria Teresa a Ferdinando è posteriore al più recente viaggio di Mozart a Vienna, ai problemi con La finta semplice e all’esecuzione del Mitridate. Questa è proprio un’osservazione di peso: un evento successivo è accaduto dopo uno precedente. Ci vuole uno storico davvero sagace per fare osservazioni di tal genere. E che altro scrive?

Cominciamo con l’affermazione che io ignorerei la lettera. Manco per idea. È citata a pagina 241, nota 3 della mia edizione. Non vedo proprio come l’aver riportato integralmente il passo in cui si parla di Mozart si concilii con l’affermazione di Bianchini secondo cui l’avrei ignorata.Per quanto riguarda l’insinuazione che io la stimerei “offensiva e priva di riscontro” ― si noti che Bianchini virgoletta “offensiva e priva di riscontro” come se stesse citando parole mie ― ecco invece cosa ne scrivo in nota:

Si ritiene che il passaggio si riferisca alle speranze di Leopold di ottenere un incarico fisso alla corte dell’arciduca Ferdinando. Alla fine non se ne fece nulla, verosimilmente a causa – almeno in parte – di una lettera che Maria Teresa scrisse a Ferdinando il 12 dicembre 1771: «[…] mi domandate di prendere al vostro servizio il giovane salisburghese. Non ne vedo il motivo, non credo che abbiate bisogno di un compositore o di gente inutile. Se tuttavia vi fa piacere non voglio impedirvelo. Quello che dico è solo volto a evitarvi di assumere gente inutile e di conferire dei titoli a persone di questo tipo. Se questa gente è al vostro servizio lo sviliscono quando vanno in giro per il mondo come mendicanti. Inoltre, costui ha una famiglia numerosa» (MDL, cit., p. 124). Le ragioni di una tale animosità da parte di Maria Teresa non sono chiare, poiché tutti i resoconti di Leopold circa i loro incontri precedenti erano stati positivi. Si veda la sua lettera del 16 ottobre 1762, in cui descrive un incontro alla corte di Schönbrunn: «[…] fummo ricevuti dalle loro maestà con un favore così straordinario, che, quando lo racconterò, lo si crederà una favola. Basta! il Wolferl saltò in grembo all’imperatrice, le gettò le braccia al collo e la baciò con trasporto»; e quella del 23 gennaio 1768, mentre erano di nuovo a Vienna: «Non posso però fare a meno di dirle che è inimmaginabile la confidenza con cui Sua Maestà l’Imperatrice si è rivolta a mia moglie, intrattenendosi con lei ora sul vaiolo dei miei figli ora sulle circostanze del nostro lungo viaggio etc.; le ha accarezzato il viso e le ha stretto le mani».[2]

Non mi pare di leggere qui le parole “offensiva e priva di riscontro”. Al contrario, contestualizzo la lettera di Maria Teresa negli anteriori commenti di Leopold sulla percezione che la famiglia aveva di lei, il che giustifica l’uso del termine “animosità”, una descrizione corretta e neutrale della lettera di Maria Teresa: descrivere i Mozart come “gente inutile” è ovviamente ostile.

L’argomentazione di Bianchini a tutela di Maria Teresa è che lei conosceva Mozart ― càpperi! dire di aver incontrato qualcuno: questa sì che è una spiegazione! ― e che era a conoscenza del fiasco de La finta semplice nonché, come dice lui, del fallimento del Mitridate. Quello che non dice: Maria Teresa non c’entrava nulla con La finta semplice, Giuseppe II sembra aver difeso Mozart in quell’occasione, e la cabala contro il compositore era opera di Giuseppe Affligio, l’impresario del teatro. Quanto al preteso “fallimento” del Mitridate, immagino che Bianchini non sia a conoscenza della recensione pubblicata sulla “Gazzetta di Milano” del 2 gennaio 1771 (e citata anche nella mia edizione; Bianchini poteva leggerla lì accanto alla lettera che secondo lui avrei ignorato): «Mercoledì scorso si è riaperto questo Regio Ducal Teatro colla rappresentazione del Dramma intitolato il Mitridate, Re di Ponto, che ha incontrata la pubblica soddisfazione sì per il buon gusto delle Decorazioni, quanto per l’eccellenza della Musica, ed abilità degli Attori. Alcune Arie cantate dalla Signora Antonia Bernasconi esprimono vivamente le passioni, e toccano il cuore. ll giovine Maestro di Cappella, che non oltrepassa l’età d’anni quindici, studia il bello della natura, e ce lo rappresenta adorno delle più rare grazie Musicali.»[3] Del resto, perché citare il Mitridate? L’opera aveva quasi un anno quando Maria Teresa scrisse a Ferdinando nel dicembre 1771 e, se avesse voluto attaccarsi a qualcosa di più recente, c’era un’altra opera (perdipiù direttamente collegata alla famiglia imperiale): Ascanio in Alba, composta per le nozze dell’arciduca Ferdinando con Maria Beatrice Ricciarda d’Este nell’ottobre del 1771. Purtroppo per Bianchini, però, anche Ascanio fu un successo. Il giornale fiorentino “Le Notizie del Mondo” riporta sotto la data del 26 ottobre 1771: «L’Opera non ha avuto grande incontro, e non è stato eseguito che un solo ballo. Grande applauso però ha avuto la serenata e per la composizione, e per la musica».[4]

Tale reportage fu ampiamente diffuso e ristampato con lievi modifiche: ad esempio nel “Diario Ordinario” di Roma del 2 novembre 1771 e in tedesco nella “Staats- und gelehrte Zeitung des Hamburgischen unpartheyischen Correspondenten” del 13 novembre 1771. Analogamente, il “Wienerisches Diarium” del 6 novembre riferiva: «Milano 12 ottobre. Oggi ha finalmente avuto luogo la mascherata dei cosiddetti Facchini, che per la sua magnificenza ha suscitato una generale meraviglia, cosı̀ come la serenata aveva ottenuto l’applauso di tutti i presenti grazie alla composizione e alla più scelta musica».[5]

E tanto basti a proposito di conoscenza e maltrattamento delle fonti, come pure di obiettività e accuratezza nel riportare quanto altri ha detto realmente. Davvero dovrebbe esserci una legge contro roba di questo genere; contro questa sfacciata fabbricazione, in apparenza deliberata, di falsità e distorsioni. Ora voglio scrivere a sir Nicholas Clegg su Facebook per avvisarlo dei post di Bianchini, ma dubito che farà qualcosa al riguardo. Se Facebook è disposto a lasciar pubblicare Trump, suppongo che faranno lo stesso con gli orrori accademici di Bianchini.

(redazione, traduzione e note di Carlo Vitali)

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[1] L’originale francese si legge in: Alfred von Arneth (a cura di), Briefe der Kaiserin Maria-Theresia an ihre Kinder, Wien: Braumüller, 1881: T. I, p. 92. Per una traduzione italiana vedi infra; una traduzione inglese si trova in: Otto Erich Deutsch, Mozart. A Documentary Biography (2.a edizione), Stanford: University Press, 1966, p. 138. Di fatto i Mozart erano appena quattro persone: padre, madre e due figli; tutt’altro che una ‘grande famiglia’ per i criteri dell’epoca.

[2] Originale tedesco: “wir von den Maÿestetten so ausserordentlich gnädig sind aufgenohmen worden, daß, wenn ich es erzehlen werde, man es für eine fabl halten wird. genug! der Wolferl ist der Kaÿserin auf die Schooß gesprungen, sie um den Halß bekommen, und rechtschaffen abgeküsst”. (A Johann Lorenz Hagenauer, Carteggio Bauer-Deutsch n. 34); “Überhaupts muß ich nur sagen, daß Sie sich unmöglich vorstellen können, mit was für einer Vertraulichkeit S:e Maÿestätt die Kaÿserin mit meiner Frau sprach und sich theils wegen den Blattern meiner Kinder, theils wegen den Umständten unserer grossen Reise etc. unterhielt; sie im Gesicht über die Wangen strich, und beÿ den Händen drückte”. (Allo stesso, Bauer-Deutsch n. 124).

[3] Trafiletto non firmato, attribuibile forse al direttore Giuseppe Parini.

[4] L’opera seria in tre atti su libretto di Metastasio era Il Ruggiero di Johann Adolf Hasse, compositore favorito dell’imperatrice; la serenata, lavoro di minori dimensioni, l’Ascanio in Alba di Mozart (libretto di Giuseppe Parini).

[5] Originale tedesco: “Heute erfolgte endlich die Maskerade der sogenannten Facchini, welche ihrer Prächkigkeit wegen eine allgemeine Bewunderung erregte, so wie auch die Serenata wegen der Composition und ausgesuchtesten Musik den Beysaß aller Anwesenden erhalten hatte.”