Pubblicità regresso. Il Verter di Luca Bianchini e Anna Trombetta

di Michele Girardi

Purtroppo per le foreste dell’Amazzonia, polmone verde del mondo, i due Bianchini, non paghi di aver infettato le biblioteche con due tomi pesantissimi, inutili e pieni di strafalcioni, vogliono buttare altri soldi autoproducendo un ulteriore volume che finirà al macero. Si ributtano sulla massoneria, nonostante le botte che hanno preso qui e là (magistrale quella affibbiata loro dalla documentata recensione di Mancuso su «Hiram») e vanno ad attaccare Il flauto magico, gli Illuminati e quant’altro. Insomma, le solite balle spaziali. Qui sotto i loro post, ben nove, sparati tutti in un’ora in cui sarebbe stato meglio per il mondo che dormissero. Riesumano post vecchi, e li riciclano pari pari, nonostante le motivate contestazioni che hanno subito dall’Accademia della Bufala su questa e altre bacheche facebook, su riviste musicologiche affermate, dove non potrebbero mai scrivere vista la loro capziosa inconsistenza, su blog e quant’altro (ad esempio: https://laccademiadellabufalamozartlacadutadeglidei). Nella seconda parte di questa puntata di Ahimè darò la parola a due persone di grande spessore, chiamate in causa indebitamente, per ora facciamoci due risate con le loro consuete stupidaggini.

Ho segnalato a Paolo Fabbri e a Francesco Bellotto le farneticazioni dei coniugi sondrioti. Hanno risposto entrambi. Il primo non ricorda di aver concesso interviste a giornali di Sondrio e assicura che «a Wildbad ho detto che trovavo (e trovo) interessante il Werter, NON il Werter di Mayr». Mi autorizza a diffondere l’articolo in cui li sbugiarda sonoramente, che si scarica a questo indirizzo (c’è da dire quasi grazie ai due che hanno sollevato la questione, obbligando lo studioso a una precisazione che approfondisce un tema degno di considerazione).

Aggiungo sotto due immagini inequivocabili che attestano la vera paternità del Verter di cui farneticano i due dilettanti, estratte dal libretto dell’opera.

Dal canto suo Francesco Bellotto fornisce in poche righe un resoconto su come è andata allora. I due ne escono proprio male, avvezzi alla menzogna allo scopo di smerciare la loro merce avariata. Su questo argomento torneremo, visto quanto hanno dichiarato a proposito della loro partecipazione alla giornata mozartiana di San Salvario. Ora lascio la parola a Francesco:

«Siamo al solito capovolgimento della verità ottenuto scombinando date e notizie. Tirato per la giacchetta, chiarisco meglio il mio pensiero:

  1.  La bella monografia curata da Pierangelo Pelucchi è stata pubblicata PRIMA del libro di B&T sul Verter. Nel 2000 eravamo infatti tutti assestati – anch’io! – sulle informazioni diffuse principalmente da Gazzaniga e Allitt (che tra l’altro B&T chiamano Steward: il cognome del più famoso clan scozzese diventa il personale di bordo dell’aereo). Cioè massoneria = illuminati e Verter = paternità mayriana (in questo contesto vanno ascritte le citazioni di Mazzolini e quella di Pierangelo Pelucchi, così come l’attribuzione a Sografi).
  2. È stata proprio la pubblicazione del loro libro nel 2001 ad aver sollecitato chiarezza sulla questione, con la nuova ipotesi di attribuzione dell’opera da parte di Fabbri e la riconsiderazione della posizione di Mayr in seno all’asssociazionismo segreto su base documentaria e non su bibliografia secondaria. Ne è risultato che A) Il Verter sarebbe con ogni probabilità di Pucitta e comunque NON di Mayr; B) l’affiliazione agli Illuminati è ancor oggi da dimostrare e cozza con la data di soppressione del movimento; C) dopo la pubblicazione del volume sul Verter Il comitato scientifico ha stabilito che B&T (inizialmente invitati al simposio come studiosi della materia: siamo nel 2001) non intervenissero al convegno su Mayr (2002) e che in ogni caso il loro intervento non fosse pubblicato negli atti. Dunque perlomeno curioso il fatto che parlino di “intervento richiesto” per una esposizione pubblica che non c’è stata e un articolo che non è stato nemmen stampato…

Esempio di scorrettezza metodologica è infine la citazione del giudizio di Fabbri alla tavola rotonda dedicata alla rappresentazione del Verter a Wildbad. Manca infatti la premessa, che — vado a memoria — recitava più o meno così: nonostante non possa essere attribuito al Mayr, il Verter rimane comunque un’opera di grande interesse, ecc. ecc.

Insomma: estrapolano dal contesto un pezzo di frase per avvalorare una paternità che in verità viene contestata radicalmente.»

Aggiungo le attribuzioni dell’autorevole sito dedicato ai libretti dall’Università di Bologna, Il Corago, e un estratto da «Le Ménestrel», disponibile fin dal 1892. Se questi due mistificatori avessero pudore si ritirerebbero a vita privata.

Appendice: Ribollita di vecchie cavolate

di Carlo Vitali

Caro Michele Girardi, mi sentirei di aggiungere quanto segue: Un altro saggio di Francesco Bellotto (Johann Simon Mayr prima di Giovanni Simone in Mayr a Santa Maria Maggiore … Atti del Convegno di studi …, Bergamo 2002) documenta in abbondanza il fatto che Mayr approfittò della nomina a maestro di cappella in Bergamo (1802) per pigliare le distanze dall’ingombrante tutela dell’Illuminato barone Thomas Franz de Bassus, il quale lamentava che il suo antico pupillo avesse interrotto le relazioni epistolari con lui. Invece, vaneggiano i Sondriesi, Mayr si era fatto nominare a quel posto per attuare da “entrista” (vecchio gergo del Komintern) il programma massimo degl’Illuminati: minare religione, famiglia e proprietà privata. In che modo poi? Scrivendo oratori e Messe…

Come argomentano B&T la diabolica doppiezza di Mayr? Così: “Il Sisara di Giuseppe Maria Foppa e di Johann Simon Mayr, rappresentato a Venezia al Conservatorio di San Lazzaro dei Mendicanti nel 1793, è apparentemente un Oratorio o azione sacra, ma stravolge il senso biblico. Intanto si intitola Sisara e non Debora, perché esalta il personaggio cananeo Sisara, vincitore morale […]”

Sono cavolate spaziali. Nel libretto latino (che loro hanno pubblicato, ma forse non letto) Sisara è presentato fin dalla prima scena come un miles gloriosus, un fesso perdente che sa solo imprecare alla sfortuna e si lascia ingannare da una donna. Se per farne un eroe positivo basta dargli il title role, allora erano Illuminati anche i preti-compositori Maurizio Cazzati (1667) e Luigi Conti (1710), nonché il poeta cesareo Apostolo Zeno (1719). Ci mostrino B&T in che modo quelle trattazioni del medesimo soggetto biblico differiscano ad esempio dalla Debbora [sic] prophetissa di Galuppi, Venezia 1772. Non possono farlo. Cambiamenti di title role erano frequenti nell’antico repertorio operistico e oratoriale; si pensi all’oscillazione Tamerlano/Bajazet per lo stesso libretto di Piovene musicato da Gasparini, Händel, Vivaldi ecc. Lo scopo era chiaramente di marketing.

Tornando agli Illuminati, secondo B&T: “Goethe era affiliato col nome di Abaris, Mayr con quello di Aristotele”. Per Goethe esiste il riscontro, per Mayr no. Non per QUEL Mayr, ma per altri quattro sì: due preti, un ciambellano e un medico. Il nome segreto “Aristoteles” ricorre pure nelle liste, ma è associato a un monaco benedettino di Eichstätt. Come faccio a saperlo? Lo chiedano alla loro fonte, l’ufologo canadese Terry Melanson. Io ho la mia, ma è tedesca; dunque a loro non piace.

E per Mayr trovo esilarante il certificato di buona condotta rilasciatogli verso il 1830 dal barone-poliziotto Torresani Lanzenfeld, bestia nera per i liberali del Lombardo-Veneto: “aurea persona che, se appartenne a quella L.[oggia], non si mescolò mai in politici intrighi […]” (in Bellotto, op. cit.)