Carlo Vitali risponde a un lettore del forum musica-classica.it su alcune affermazioni di Luca Bianchini.
tratto da www.musica-classica.it
Cromagobba: Volete l’ultima? Scrive testualmente su Fb Luca Bianchini movendo le orecchie dal compiacimento: “Meno male che c’è ancora qualcuno che valorizza i nostri tesori, come il tenore Barron Colemann (che esegue Che fiero costume di Giovanni Legrenzi)”. Ebbene, guardate che cosa c’è in programma quest’anno al Salzburger Festspiele, noto covo di nazionalisti da Sachertorte (21 luglio – 30 agosto 2017): Giuseppe Verdi, Aida; Giuseppe Verdi, I due Foscari; Gaetano Donizetti, Lucrezia Borgia. E per finire, udite udite, in tre giorni consecutivi dal 26 al 29 luglio: Claudio Monteverdi: L’Orfeo – Il ritorno di Ulisse in patria – L’incoronazione di Poppea. Se fossi L.B., gli manderei una diffida e li citerei per appropriazione indebita.
Non c’è motivo di meraviglia, caro cromagobba. Così come se la raccontano i sedicenti antifascisti B&T, la musicologia austrotedesca è una storia trisecolare di pulizie etniche; in primis et antimonia (detto alla Totò) a danno del genio italico. Allora ricordiamo a loro e ai loro sconsigliati groupies alcuni pionieri della Monteverdi Renaissance un po’ prima del nostro Malipiero e della sua meritoria “Monteverdi Edìssion” (1926-1942) pagata coi soldi di D’Annunzio e di Mussolini:
Emil Vogel: Claudio Monteverdi. Leben, Wirken im Lichte der zeitgenössischen Kritik und Verzeichniss seiner im Druck erschienenen Werke. In: “Vierteljahrsschrift für Musikwissenschaft”, anno III (1887), pp. 315–450
Poi il “circolo di Monaco” ispirato dall’ebreo prussiano Curt Sachs, cui fin dal 1925 concorsero: Rudolf von Ficker (ordinario di musicologia alla locale università), Ferdinand Wagner (direttore del Badisches Landtheater di Karlsruhe), ma soprattutto il futuro nazista Carl Orff, trascrittore e arrangiatore dell’Orfeo, del Lamento d’Arianna e del Ballo delle ingrate; lavori tutti rappresentati colà in traduzione tedesca (!) con sobri allestimenti modernisti. Ironia della storia: nelle intenzioni di Sachs e Orff la riscoperta del dramma musicale monteverdiano doveva servire da antidoto al frusto mito pangermanico del Wort-Ton-Drama wagneriano…
Aggiungi anche questo: fino alla sua nazificazione dopo l’Anschluss, il Festival di Salisburgo – fondato e sostenuto da Max Reinhardt e Stefan Zweig, judaei ambo – era considerato dai nazisti “un giudaico sabba di streghe” (ein jüdischer Hexensabbat, “Salzburger Volksblatt”, 23 luglio 1938).
Dopodiché i massimi vertici del regime si divisero il lavoro in base ai propri orientamenti “estetici”: lo zio Adolfo preferiva finanziare e presenziare il Festival di Bayreuth, mentre il gobbetto Goebbels era ospite fisso a Salisburgo.
Se in questo ci sia una morale non ti saprei dire. Salvo forse una: che coi grimaldelli etnici dei signori B&T non si scrive la storia del passato, pozzo profondo che non per questo dobbiamo chiamare insondabile (op. non cit.). Al contrario: si solleticano i peggiori riflessi cavernicoli della plebe semiletterata. Per dirla con Orwell: due gambe no bbuono, quattro gambe bbuono. Cui prodest?
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