Cominciamo ad aprire il nuovo nato in casa Bianchini-Trombetta. Si chiama Mozart. La costruzione del genio, autoprodotto come i precedenti a Tricase, ed è il frutto di una conferenza tenuta a Sassari da poco. S’inizia con la prefazione di un ‘giornalista’ di Radio Vaticana (Luigi Picardi), sostenitore acceso della causa dei due ‘picconatori’ (così vengono definiti, a quanto pare, come riconosce nell’introduzione una certa Maria Teresa Secchi), che si è distinto per ignoranza abissale nella tesi di laurea, avendo misconosciuto l’identità della prima interprete di Susanna, Nancy Storace. Un giornalista dovrebbe riportare fedelmente le notizie, non parteggiare per qualcuno (era il ‘moderatore’ della conferenza), ma il tizio in questione se ne frega, e termina con una domanda retorica: «chiudo questa prefazione con la domanda a bruciapelo a due autori: i vostri libri sono contro Mozart? Cosa vi ha fatto di male il Salisburghese?» (p. 9). Naturalmente, nelle pagine seguenti, i due si schermiscono: «Mettiamo in discussione il mito di Mozart, tutto ciò che è stato costruito dopo la sua morte e che ha finalità extramusicali» (p. 11). E lo faranno scartando le edizioni italiane perché «non sono sempre fedeli al testo […] traduzioni approssimate oggi in circolazione» (pp. 12-13). Ora ci dovrebbero spiegare, viste le pessime prove che hanno dato di fraintendimento (involontario? deliberato?) dei testi nelle varie lingue (tutte documentate nel sito dell’Accademia della Bufala, https://mozartaccademiadellabufala.com/) perché dovremmo fidarci di loro? E ci danno subito motivi a conforto del nostro scetticismo.

Iniziamo da un primo esempio, brevemente, altri seguiranno. Alle pp. 59-60 (sono riportate sotto) i due studiosi ripescano l’argomento della falsità del catalogo mozartiano, che permetterebbe la contestazione in toto, o quasi, della produzione del genio di Salisburgo. Un sogno per i due laureati cum laude. Peccato che per frantumare la loro opinione sul nascere basta leggere il bel saggio di Philippe A. Autexier, L’ode funèbre maçonnique (Maurerische Trauermusik) de W. A. Mozart («Studia Musicologica Academiæ Scientiarum Hungaricæ», T. 22, Fasc. 1/4, 1980, pp. 255-261), cosa che i due autori si sono ben guardati dal fare (il titolo non viene neppure citato in bibliografia: semplice ignoranza?). In poche pagine l’autore, un musicologo molto addentro nelle questioni massoniche, analizza la partitura di quella che conosciamo come Musica funebre massonica, dimostrando che non è stata scritta come si crede per il funerale di compagni di loggia, dove fu solo riutilizzata, ma per l’iniziazione del compositore, avvenuta nel luglio del 1785, mese in cui è stata correttamente registrata. Di solito uno studioso serio dà conto di tutte le ricerche condotte, prima di esprimersi. A meno che non sia animato da un preconcetto. Ma allora non è uno studioso serio: basterebbe una bufala abnorme come questa per escluderlo da qualsiasi concorso. Prima, però, sarebbe bene che evitasse di avvelenare i circuiti sociali, dove girano sin troppi potenziali sostenitori di simili castronerie.

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