Dove sono i bei momenti, ovvero il Triciclo di Taboga.
Una modesta ipotesi sull’Archivio del Mistero
di Aristarco Scannabufale
Un fantasma si aggira per la Musicological Community: il misterioso “archivio omogeneo” dove l’Agostino Prof. Taboga trascorse in anni lontani “dei momenti belli” alla ricerca di cicli triennali nella produzione delle carte da musica settecentesche. Ecco una silloge delle sue semireticenti rivelazioni dal Forum “Il caso Luchesi”:
Taboga Agostino, Marzo 18, 2019
vedo con piacere che lei sta seguendo quei passi che seguii anch’io tanto tempo fa, che mi portarono a cercare un archivio italiano in grado di fornire quelle informazioni omogenee che l’archivio di palazzo reale di Madrid era in grado di assicurare… lei mi fa rivivere dei momenti belli, grazie. […] La fortuna ha voluto che le carte usate in musica fossero proprio le carte da commercio e questo ha reso molto più facile quel lavoro che Azcona ha lodevolmente effettuato sul materiale da lei descritto per un periodo temporale molto più lungo. Ovviamente lei capisce i riflessi che questi medi periodi hanno sulla necessità di un archivio uguale a quello di palazzo reale di Madrid… ma nel caso dell’archivio da me studiato il lasso temporale era più o meno analogo a quello studiato da Azcona […] Qualsiasi altra informazione possa fornirle sarà per me un piacere.
On 18/3/2019 at 22:48, ancora Taboga Agostino dice:
Mi scusi, ma lei s’è chiesto se quello da me studiato sia l’archivio di Modena o magari un’altro??? [sic] glielo dico io… Ho trovato un [???] nell’archivio omogeneo con molti testimoni datati dalla fine degli anni 40 al 1800 circa… da li mi sono fatto tutte le rilevazioni delle filigrane e le cronologie triennali della carte. [ortografia e sintassi dell’Autore, ndR]
Dunque: l’Archivio del Mistero 1) è italiano; 2) è omogeneo; 3) abbonda di “carte da commercio” di provenienza veneta; 4) offre “molti testimoni datati dalla fine degli anni 40 al 1800 circa”.
Poiché, nonostante ripetute richieste delle informazioni così generosamente offerte, il GCL [Grande Codicologo Lagunare] insiste da oltre un anno nel celare un cotanto asso nella sua manica, ci permettiamo una modesta ipotesi di lavoro:
considerati il criterio della comodità logistica, l’ovvia presenza di carte venete, e i sia pur vaghi riferimenti cronologici, pare legittimo inferire che l’Archivio del Mistero sia da identificare con quello della Veneranda Arca del Santo di Padova. I testimoni consultati dal GCL sarebbero quindi collocabili tra la fase centrale (1730-1780) del direttorato di padre Francescantonio Vallotti e la fine di quello (1786-1809) di padre Luigi Antonio Sabbatini.
Purtroppo un precedente tentativo di datazione degli autografi tartiniani ivi conservati, basato sui raffronti filigranologici con quelli di Padre Vallotti, dal medesimo accuratamente datati, si era già risolto in un nulla di fatto, come francamente ammesso dagli studiosi del gruppo di lavoro che se ne era occupato:
“Tutto ciò può suonare come la cronaca di un fallimento, ma è forse qualcosa di più: ci si sono resi infatti più chiari i limiti entro i quali lo studio delle filigrane può essere legittimamente usato in ordine ai problemi di datazione e tanto maggiori sono risultate le perplessità sulle poche datazioni tentate in passato su queste basi per le opere di Tartini” […] “Questi non sono ovviamente più che degli indizi dai quali si possono dedurre vari ordini di conclusioni: a) si può suggerire una diversa benché imprecisa datazione delle opere o b) l’argomentazione che si basa sulle filigrane è poco affidabile”. (grassetto nostro, ndR).1
Senza contare che i tentativi del GCL di accreditarsi quale emulo dei risultati di Azcona naufragano miseramente sui numerosi caveat che lo studioso spagnolo aveva formulato per chi intendesse applicare il suo metodo ad altro oggetto. Ultimo e più perentorio: “Queda por abordar un último aspecto en la definición de un modelo válido de la cronología de la filigrana: la caracterización de la serie cronológica de los elementos que integran una filigrana debe ser completa. Para ello, es condición necesaria estudiar un solo modelo de filigrana, con sus dos tipos [grassetto nostro, ndR], a lo largo de un período completo”.2 A tanto rigore idiografico il GCL oppone una fiducia nomotetica e generalizzante tanto ingenua da apparire ridicola a uno studente del prim’anno di paleografia, codicologia e altre scienze ancillari della storia: “Sembrerebbe pertanto sostenibile che un uso normale e continuativo delle forme, dalla Spagna alla Serenissima e, probabilmente, in tutte le cartiere d’Europa, fosse al massimo triennale”. (AgoTaboga, 28 febbraio 2018) [grassetto nostro, ndR].
Una modesta proposta al GCL: ci smentisca rivelando al mondo in trepida attesa dove è ubicato l’Archivio del Mistero, oppure vada pedalando sul suo triciclo a cercarne uno per le strade d’Europa. Beninteso una volta rimossi gli ostacoli alla circolazione occasionati dalla presente crisi sanitaria.
Bibliografia
1 Contributi dei seminari di studio di Padova e Roma, Le filigrane degli autografi tartiniani: questioni di cronologia, in Tartini: Il tempo e le opere, a cura di Andrea Bombi e Maria Nevilla Massaro, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 377-387.
2 German Labrador López de Azcona, El papel R. Romaní y la datación de la música española de finales del siglo XVIII (1775-1800). Una nueva vía de investigación en la obra de L. Boccherini, in «Revista de Musicología», vol. 27, n. 2, diciembre 2004, pp. 709-710: 708.
Bufalografia
Agostino Taboga, vari interventi sub dato nel Forum https://www.musica-classica.it/forum/index.php?/topic/3736-il-caso-luchesi/
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