Ed ecco l’ennesimo caso di millantato credito da parte di un seguace del movimento ‘Luchesi alla riscossa’. Si tratta di vantate parentele fra musiche di Traetta e di Mozart, che nella realtà esistono soltanto in mente diaboli. La tecnica adoperata è quella di sparare nel mucchio sperando che nessuno vada a verificare.
Noi, però, lo abbiamo fatto. E con esito a nostro parere significativo.
Andiamo con ordine:
Fra le note di copertina a corredo del CD Sinfonie inedite di Andrea Luchesi (Concerto Classics) si legge: “La musica teatrale italiana, per altro, era altamente considerata e frequentata in Germania: i compositori ne traevano, sovente, elaborazioni per tastiera, variazioni e quant’altro, fino a giungere agli “omaggi” con vere e proprie citazioni, come, ad esempio, fa Mozart, nella Sinfonia in sol minore K.550; quest’ultima ha numerose analogie di incisi e di atteggiamenti con l’ouverture de Il Cavaliere errante di Traetta, la cui partitura manoscritta è reperibile presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, opera rappresentata a Venezia nel 1778, al San Moisè, il teatro dove, guarda caso, proprio aveva mosso le prime esperienze sul campo.” (Bruno Belli; la punteggiatura è dell’Autore).
Detto di passaggio: che mai significa “prime esperienze sul campo”? Quando debuttò a Venezia nella stagione d’autunno 1757 con la Didone abbandonata, Tommaso Traetta aveva già al suo attivo almeno 8 titoli fra opera seria e buffa, rappresentati a partire dal 1751 nei maggiori teatri di Napoli, Roma e Reggio Emilia.
Quel misterioso “guarda caso”, che sembra suggerire chissà che cosa, è solo un’informazione errante (anzi errata) derivante dall’ignoranza dei repertori.
I ponderosi volumi di Claudio Sartori (I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800) o il portale web Corago.bo.it (Repertorio e archivio di libretti del melodramma italiano dal 1600 al 1900) che ci stanno a fare? Per non parlare di un’accurata monografia come quella di Jörg Riedlbauer, Die Opern von Tommaso Trajetta, Hildesheim, Olms, 1994 (Studien und Materialien zur Musikwissenschaft Bd. 7). Ahi, ahi! “Theotiscum est, non legitur” [*], e poi cosa mai di buono può venirci dalla Germania? Roba per quei pedanti eruditi che spaccano il capello in quattro sfacchinando sulle fonti; ma ai nostrani rivelatori di Verità nascoste basta vaticinare dal tripode a proposito di “incisi” e “atteggiamenti”, e il gioco è fatto. O che cara questa Gaia Scienza che non costa fatica!
Ovviamente fra chi legge siffatti oracoli c’è sempre chi prende tutto per oro colato ma c’è anche chi, spinto dalla curiosità, si munisce di partitura e di supporto audio; anche se purtroppo le uniche fonti reperibili in rete sono la copia digitale di un’antica riduzione per cembalo e l’unica registrazione in audio-video di un recente allestimento non sappiamo quanto integrale né quanto storicamente informato. Comunque meglio che niente. Dopo aver fatto con diligenza il nostro compitino, vorremmo con tutto il cuore che l’autore di quelle note discografiche ci delucidasse, battuta per battuta, le “vere e proprie citazioni” (?) e le “numerose analogie di incisi e atteggiamenti” (???) da lui colte fra i due brani – simili tra loro come il giorno e la notte – ma siccome dubitiamo che ne caverebbe i piedi, gli porgiamo una domanda di riserva: a che – o piuttosto a chi – serve scrivere queste informazioni farlocche?
Delle influenze su Mozart di Traetta (e di Jommelli e Di Majo) parlava già a lungo – con ben altra serietà e competenza – Hermann Abert. Già: quell’Abert che gli esponenti della “musicomplottologia” definiscono passim: “falsario”, “nazionalista”, “razzista” e via delirando. Si veda invece il suo W.A. Mozart, traduzione italiana per Il Saggiatore/EST (1984/2000) condotta sull’edizione tedesca accresciuta del 1955: in particolare alle pp. 239 e sgg. del vol I. Come pure alle pp. 406-408, dove si parla proprio del Cavaliere errante allegando esempi musicali precisi, e non blaterando a vuoto di “incisi” e “atteggiamenti”. Troppo occupati a riempire di fuffa pagine e pagine, i signori revisionisti non hanno evidentemente tempo per leggere.
Per chiunque volesse verificare con le proprie orecchie:
o con i propri occhi:
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[*] Certi amanuensi ignorantelli, trovando citazioni in greco all’interno di testi in latino, li sostituivano nella copiatura con l’annotazione “Graecum est, non legitur”, oppure “Graeca sunt, non possunt legi”.
29 Ottobre 2020 il 09:09
Sempre ottima riflessione
25 Novembre 2020 il 17:13
Egregio Emiliano,
al di là delle polemiche a cui Lei accenna, nel presente articolo viene posto in discussione il modo di procedere del signor Bruno Belli; non per niente la nostra domanda è “a che – o piuttosto a chi – serve scrivere queste informazioni farlocche?” Se oltretutto, come gentilmente Lei ci segnala, queste informazioni sono frutto di un “prelievo forzoso” ai danni di un autore nemmeno citato (Zanetti, appunto), il Belli – che di suo rincara la dose con ,”vere e proprie citazioni”, “NUMEROSE (!) analogie di incisi e atteggiamenti” e specificando che tutto ciò si può cogliere nell’OUVERTURE – non ci fa sicuramente una miglior figura, anzi. Ovviamente siamo pronti ad essere smentiti, sempre che il signor Bruno Belli sia in grado di illustrarci in modo dettagliato quei passi della partitura che a noi – ahimè – sfuggono totalmente. Se poi, come abbiamo visto, non è tutta farina del suo sacco, potrebbe spiegarci perché è sensato ciò che scrive Zanetti e come mai non abbia citato quest’ultimo, come sarebbe corretto fare in questi casi. Cordialmente,
Paolo Congia.
24 Novembre 2020 il 16:09
Fa “riflettere” semmai che tale segnalazione di incisi e atteggiamenti derivi invero da Roberto Zanetti “La Musica italiana nel settecento”, pubblicazione che risale agli anni settanta, e ben al di fuori delle polemiche che conosciamo bene.
24 Novembre 2020 il 19:32
Citi, per cortesia, le sentenze di Zanetti alle quali fa riferimento, egregio Emiliano. Tenendo presente che il volume al quale si riferisce non è un vangelo.
26 Novembre 2020 il 21:58
Vedo che la fatica mi è stata evitata dal preciso intervento di Carlo Vitali.
Per il resto sono ben consapevole che la pubblicazione da me citata, non sia vangelo, come non lo sono moltissime altre del resto.
Mi domando pertanto come mai essa venga citata ripetutamente e a sproposito per ricordare che Andrea Luchesi sia un “minimo”, quando allungando lo sguardo si può invece leggere che Zanetti ne diede un giudizio assai positivo sia come compositore che come “operatore” a Bonn, deducibile da altre pagine – assai meno citate invero – della stessa pubblicazione.
Mi pare dunque che il termine “minimo” (di intento catalogatore, poichè in tale termine son compresi diversi altri compositori) utilizzato da Zanetti in un altro paragrafo sia stato francamente strumentalizzato a sfavore di Luchesi, a fronte di un giudizio artistico e storico che al contrario restituisce una figura ben altro che minima, se pur certo non fondamentale.
Chiedo venia ma la precisazione della voce Luchesi Andrea dal “Vangelo secondo Zanetti” prima o poi andava fatta.
Cordiali saluti.
24 Novembre 2020 il 22:53
Gentile lettore,
su una cosa lei ha perfettamente ragione: Roberto Zanetti non è arruolabile fra i padri nobili (o ignobili, faccia lei) del recente negazionismo antimozartiano. Basti pensare che classifica Luchesi fra i “minimi”, e che a proposito dell’Antigona, cui dedica parecchie pagine di analisi corredate di esempi musicali, riconosce a Traetta il merito di aver “attinto a un liguaggio più allargato di quello napoletano, da cui era partito, i propri stilemi. Ormai le caratteristiche napoletane, e più generalmente italiane, si sono attenuate: il musicista, pur serbandosi per certo opulento sgorgo melodico italiano, ha progredito indubbiamente nella direzione di uno stile europeo, dove non manca l’apporto del classicismo musicale tedesco […]” [1] Affermazioni che, a una lettura anche sommaria, farebbero venire l’orticaria ai laudatores della “insuperabile scuola napoletana” e ai loro fiancheggiatori lombardo-veneti. Per il resto, nell’individuare le precoci influenze operistiche italiane su Mozart, Zanetti non si discosta dalla quaterna già individuata dall’onesto Hermann Abert: Jommelli, Traetta, Galuppi e Di Majo. E giustamente.
Diverso il discorso per il passo qui in discussione, di cui è evidente la filiazione pressoché letterale da un altro dello Zanetti: “Si tratta di quel _Cavalier errante_, su libretto del Bertati, che fu compiuto come radicale rimaneggiamento dello Stordilano, principe di Granata, un lavoro dato a Parma 18 anni prima. Di questo lavoro, di cui si conserva la partitura manoscritta con il titolo Il Cavalier errante, si è molto parlato non tanto per la sua validità e musicale e drammatica, quanto per le *analogie di incisi e di atteggiamenti* con la Sinfonia in sol minore K 550 di Mozart, la cui data di composizione è posteriore di dieci anni esatti” [in nota:] “Nella Biblioteca del Conservatorio «G. Verdi» di Milano. Con questo titolo, leggermente modificato, l’opera comparve, poco dopo la rappresentazione veneziana, alla Pergola di Firenze, nella primavera del 1778. Partiture dell’opera di trovano anche a Dresda e Parigi”. [2]
D’accordo: una nota di copertina per un CD non deve per forza basarsi su ricerche originali; può servire benissimo allo scopo una vasta compilazione di letteratura secondaria come quella contenuta nelle 1615 pagine dello Zanetti (purché la si citi almeno en passant). Risale agli anni Settanta? Sia pure: le idee non sono soggette a data di scadenza come le uova, e con la farina dell’altrui sacco si possono magari confezionare gustose focaccine. Resta il fatto che sui famosi “incisi e atteggiamenti”, affermati in modo alquanto apodittico dallo Zanetti e golosamente fatti proprii da Bruno Belli, sarebbe opportuno approfondire l’analisi tecnica, magari risalendo alla citata fonte manoscritta milanese o eventualmente ai testimoni dresdensi e parigini. Qualcuno si offre volontario in questi tempi di lockdown?
[1] Roberto Zanetti, La musica italiana nel Settecento, Busto Arsizio, Bramante Editrice, 1978 (3 voll.): vol. I, p.581.
[2] Op. cit., vol. cit., pp. 483-4 e n. 5.
26 Novembre 2020 il 22:11
La cosa che più colpisce delle note di Zanetti è quel sibillino “si è tanto parlato”. Si suppone pertanto che anche Zanetti invero non fosse a conoscenza diretta di tali “incisi e atteggiamenti” comuni tra Traetta e Mozart.
Pertanto chi è autore del peccato originale?
27 Novembre 2020 il 09:51
Signor Emiliano: “Si è tanto parlato” rimanda a pratiche di sentito dire ossia di trasmissione orale. Ma dove se ne sarebbe parlato? In qualche salotto milanese o romano? In una classe del Conservatorio di Como? Alla portineria della Scala? Se fosse esistita una bibliografia anche minima, Zanetti poteva benissimo citarla in nota come ha fatto con la segnalazione, invero alquanto imprecisa, di tre testimoni manoscritti della partitura di Traetta (Milano, Dresda e Parigi). Siamo di fronte a una prassi che di scientifico non ha davvero molto.
Analogamente i signori dottori Luca Bianchini e Anna Trombetta si fanno forti di un commento captato su YouTube per insinuare il malevolo sospetto di una dipendenza — anzi addirittura del “furto artistico” — di una celebre aria del Flauto magico dal Singspiel di Salieri Der Rauchfangkehrer. Tesi priva di fondamento, come si è discusso in dettaglio sul presente sito: https://www.accademiadellabufala.it/2019/09/07/laccademia-della-bufala-n-41-musicologi-del-tubo/
A questo punto si potrebbe pensare che la “musicologia del Tubo” sia preesistente all’invenzione del benemerito portale che consente a chiunque di improvvisarsi critico musicale e storico della musica senz’altra credenziale che una tastiera e una connessione a Internet. Più che indagare sulla fonte originaria di un presunto “peccato originale”, sarebbe doveroso estendere la collazione delle fonti musicali come in precedenza suggerito. Actori incumbit probatio, dice il diritto romano. Chi giudica attendibile l’affermazione apodittica dello Zanetti deve portarne una prova tecnica che smentisca quanto documentato nel presente articolo. Buon lavoro.
27 Novembre 2020 il 22:00
Lasciando “parlare” la musica – seppur dal poco scientifico Tubo molesto 😉 – non emerge a mio modesto parere alcun tipo di “inciso o atteggiamento” comune tra l’intera opera di Traetta e la K.550. Alcune analogie con opere italiane di quel periodo, persino di Luchesi (che non fu fecondo operista), quello sì invece.
Rimango dell’idea che l’unica opera che contenga “incisi e atteggiamenti” sino al midollo comuni alla K.550 resti “Le Nozze di Figaro”, la cui aria “Non so più cosa son cosa faccio” di fatto non è che il cartone preparatorio del primo movimento, basandosi sullo stesso materiale ritmico e tematico. O, girando la frittata, il primo movimento non sarebbe che un’auto-citazione o parodia dello stesso autore.
Questo almeno fino a che non emerga una “prova” contraria di mano non mozartiana.
28 Novembre 2020 il 21:18
Il ritmo anapestico è indubbiamente lo stesso; il materiale tematico dell’incipit cambia di segno emotivo passando da un profilo più ascendente e assertivo in mi bemolle maggiore a uno più drammatico (in sol minore). Ci andrei solo più cauto nel definirla “autocitazione” o “parodia”; semmai qui sarebbe adeguato parlare di “atteggiamento” (appunto!) o di spunto iniziale diversamente sviluppato. In ogni caso questo è un argomento solido, non la consueta fuffa impressionista basata sul sentito dire, o peggio sulla fin troppo ovvia constatazione di una base linguistica comune a tutte le opere teatrali del medio-tardo Settecento. Direi che abbiamo fatto un bel passo avanti sulla strada della ragionevolezza.
5 Giugno 2023 il 23:28
Una versione ampliata del presente post è comparsa nel Forum “musica.classica” a questo indirizzo: https://www.musica-classica.it/forum/index.php?/topic/3736-il-caso-luchesi/&do=findComment&comment=790289
Dopo di ciò non sussiste più alcun ragionevole dubbio sull’infondatezza delle bufale abissali propalate da Zanetti, Taboga senior e seguaci circa il presunto plagio di KV 550 dall’opera buffa del buon Traetta.
6 Giugno 2023 il 16:17
Da cui possiamo desumere che Bianchini e Trombetta più che il “Premio Traetta” abbiano vinto il “Premio Zanetti”.
10 Giugno 2023 il 08:59
Dicono di loro: “Riscrivere la storia ogni volta, ricontrollando le fonti, è il dovere di ogni storico, non è una novità. Il lavoro di Luca Bianchini e Anna Trombetta ne è una dimostrazione”
(Daniele Fusi, docente di Conservatorio).