Alcuni giorni fa, a proposito di una disamina su alcune fantasiose ipotesi biografiche, o meglio necrologiche, intorno a Mozart, un lettore scriveva a un nostro accademico, e tramite suo ai coautori di un articolo comparso sul nostro sito:
“Se lei ama Mozart, questo non significa che il compositore non possa aver vissuto delle situazioni particolarmente drammatiche e magari molto imbarazzanti”.
Al di là della lettera, a cui è stata data risposta disponibile sul sito, questo ci ha fatto riflettere sulla circostanza che un aspetto del nostro modus operandi non è sufficientemente chiaro ad alcuni fra i nostri venticinque lettori.
Cogliamo quindi l’occasione per chiarire un concetto chiave dell’Accademia della Bufala.
“Odiare” o “amare” un compositore (uno scrittore, un regista, un poeta, un cuoco, un sarto, un giardiniere) è un’espressione che ha ben poco senso per chi studia gli ambiti in cui questi professionisti operano (o hanno operato); al massimo, una particolare predilezione per un personaggio può costituire un fattore soggettivo che può portare ad ammirarne la vita, la carriera o le opere. Ma siamo sempre nell’ottica della soggettività o, se vogliamo dirlo in inglese, del “Pollyanna Principle”. Tuttavia, quando si passa allo studio scientifico, una sola cosa è certa: la verità dei fatti viene prima di qualsiasi giudizio, sia esso di cuore o di pancia.
Già, la verità dei fatti: un faticoso processo euristico volto a trovare i risultati più probabili sulla base delle informazioni in nostro possesso, spesso frammentarie e contraddittorie; e che in qualche caso-limite comporta decenni di lavoro per stabilire anche solo una data. A un certo punto qualcuno trova la quadra, qualcun altro la verifica e, con attenzione, studio, verifiche documentarie incrociate, si arriva a una ragionevole certezza. Non metafisica, quindi sempre rivedibile.
La musicologia, come ogni disciplina accademica, richiede infatti in primo luogo conoscenza di prima mano delle fonti di dati e dei metodi per valutarle criticamente; in secondo luogo comprensione del contesto storico; infine il rifiuto di postulati ideologici come moralismi, immoralismi, complottismi assortiti. Tanto l’agiografia quanto il suo opposto, la character assassination, lasciamole a Dagospia e a una certa “divulgazione” più interessata a supportare teoremi preconcetti che non a riannodare i fili spezzati della realtà fattuale.
Nessuno studioso serio pubblica il risultato delle proprie ricerche senza cercare prima il confronto con i colleghi, anche perché è chiaro che sussiste sempre il rischio di innamorarsi di una tesi e quindi selezionare esclusivamente gli argomenti a favore: la peer review serve proprio a minimizzare in ogni ricerca l’incidenza di bias positivi o negativi . Perché tutti siamo umani, chi più chi meno.
In via preliminare possiamo già notare: se chi propone una tesi “rivoluzionaria” tenta di accreditarla con richiami retorici alla “libertà di opinione” opposta al “pensiero unico” e alla “scienza ufficiale” (o peggio, cercando di minare a priori la credibilità di chi lo ha preceduto), molto probabilmente non ha troppe frecce al suo arco. Come diceva quel vecchio scettico di Bertrand Russel, “Il metodo di postulare quello che ci piace ha molti vantaggi: sono gli stessi di un furto nei confronti di un onesto lavoro” .
Ovviamente, la libertà di parola non è in discussione: si può sostenere pure che la Luna è una massa di gorgonzola, o che la Terra è piatta, o che – per rimanere nel nostro ambito – Beethoven si ispirava alle poliritmie della musica africana. Qualcuno addirittura lo fa ostentando titoli di studio, cattedre ricoperte nei Due Mondi e lunghi apparati bibliografici. Dopodiché il metodo di dimostrazione, le prove addotte, il confronto, le risultanze storico-scientifiche, l’evidenza dei fatti permettono a ciascuno di capire come stanno le cose senza alcun bisogno di schierarsi in tifoserie contrapposte.
Il problema nasce quando si cerca di intorbidare le acque mescolando documenti, argomenti e contesti: il fondo si tocca quando si pretende di sostenere una tesi con argomenti che esulano dal contesto di essa: ad esempio, non ha senso giudicare la validità dell’opera basandosi su argomenti terzi come abitudini, simpatie politiche o aspetti caratteriali. Un palazzo sta in piedi se l’architetto ha fatto i calcoli in modo corretto, non già se questi è onesto, democratico e non fumatore.
Se parlassimo di fisica, ciò sarebbe ovvio: rifiutare la teoria dei quanti poichè Planck era in rapporti con Hitler non spegnerà il computer o il cellulare o il tablet su cui state leggendo questo articolo; tutti dispositivi progettati avendo ben chiari i modelli e le implicazioni della suddetta teoria.
Non poche volte nella storia si sono però usati argomenti del genere per istigare l’opinione pubblica, cercando di suscitare una reazione di pancia a danno dell’obiettività: ricordiamoci delle associazioni fondamentaliste americane che, negli anni Sessanta bruciarono in piazza i dischi dei Beatles dopo che John Lennon aveva affermato “ormai siamo più popolari di Gesù Cristo” (frase giustificata dal fatto che i Fab Four erano diventati un fenomeno di massa non solo in Occidente ma anche in nazioni di fede scintoista o buddhista). Alla sensibilità di alcune persone questa frase può suonare infelice o quanto meno iperbolica, ma non toglie né aggiunge nulla al ruolo dei Beatles nella globalizzazione del gusto musicale durante il secondo Novecento.
Ognuno fa le sue scelte, beninteso: nello stato di Israele difficilmente si ascoltano concerti con musica di Wagner, il che è una scelta etica e politica da rispettarsi proprio perché non implica giudizi di valore assoluto sul contributo del suddetto compositore alla storia e all’arte. Altrettanto, il fatto che determinati musicisti siano considerati “persone non grate” in alcuni teatri perché implicati in denunce che ne mettevano in dubbio l’etica; il che di certo non costituisce né può costituire un giudizio di valore musicale. Si può decidere di non scritturare più Paul Van Nevel, Robert King, James Levine, Michail Pletnëv, Placido Domingo, Daniele Gatti: tuttavia, negarne il contributo al panorama musicale dei nostri giorni sarebbe non meno disonesto che stupido.
È opportuno precisarlo: ritenere geniale il Wort-Ton-Drama di Wagner non comporta adesione al suo delirio antisemita, ammirare la produzione di Musorgskij non è apologia dell’alcoolismo o del consumo di prostituzione minorile, definire Roman Polanski un maestro del cinema non ne ripulisce la fedina penale, collezionare i dischi di Marvin Gaye non riporta in vita un tossicodipendente ucciso dal padre esasperato, ritenere Varg Vikernes un genio dell’heavy metal non lo proscioglierà dalle condanne inflittegli per omicidio e rogo di chiese. Ma altrettanto se non più stupido sarebbe il rogo dei loro lavori, visto che il mondo, generazione dopo generazione, è costantemente pieno di alcoolizzati, antisemiti, drogati, stupratori e piromani, ma non altrettanto di Wagner, Rimbaud, Polanski, Musorgskij.
Nel caso specifico di molti argomenti dibattuti in questa sede, pubblicare ricostruzioni storiche più o meno fantasiose sullo stile di vita di Mozart, Beethoven, Haydn, Luchesi, Salieri o chi altro può certamente rientrare nel passatempo lecito, purché sia dichiarato come tale (Puškin, il primo ad elaborare in forma letteraria il gossip che circolava da tempo sulla vicenda Mozart-Salieri, non pretendeva di essere uno storico).
Viceversa, ammantarsi di titoli di studio per accreditare come “scientifici” i prodotti di fiction quali drammi, racconti polizieschi e film in costume si configura come abuso della credulità popolare. Se le vittime della diffamazione fossero persone viventi, tali “spiritose invenzioni” (copyright Carlo Goldoni) potrebbero tradursi in cause legali per calunnia, diffamazione, frode in commercio e lucro cessante, con relativa condanna al pagamento delle spese processuali. Ma i nostri inventori preferiscono coraggiosamente diffamare i morti e le intere nazioni.
Per questo motivo, quando le nostre analisi per demolire le tesi di Taboga/Bianchini/Trombetta vengono bollate come polarizzate perchè noi saremmo “quelli che amano Mozart”, noi rispondiamo che questo non c’entra niente.
Noi non sprechiamo il nostro tempo poichè “amiamo Mozart”: noi ce la prendiamo con chi scrive stupidate senza sugo e cerca di farle passarle per verità storica tramite strani voli pindarici senza fondamento alcuno.
L’accademia della bufala (Lidia Bramani, Fabio Bruno, Alessandro Cammarano, Carlo Centemeri, Paolo Congia, Michele Girardi, Mirko Schipilliti, Mario Tedeschi Turco, Carlo Vitali)
Post Scriptum a beneficio dei duri di comprendonio, firmato da Aristarco Scannabufale, accademico onorario, e dal dr. Mirko Schipilliti, medico.
Chi si compiace di sfigurare il dibattito in corso descrivendolo come una faida da Curva Nord contro Curva Sud si arroga indebitamente il ruolo di arbitro imparziale in una partita della quale non sembra conoscere le regole. E comunque respingiamo al mittente, come irrilevante nel contenuto e inaccettabile nel tono, la diagnostica lezioncina che uno di codesti interlocutori si premura di impartirci: “Mi perdoni, ma io vedo qualcosa di patologico in questa strenua difesa a tutti costi di questioni che esulano dalla musica“.
Possiamo anche perdonarlo a titolo caritatevole, però gli ricordiamo che l’esercizio abusivo della professione medica è un reato.
25 Novembre 2020 il 11:05
Non potrei essere più d’accordo. Grazie agli Accademici.
1 Dicembre 2020 il 08:51
Ottimo articolo sono completamente d’accordo
11 Dicembre 2020 il 06:34
Oggi va di moda prendere qualsiasi porcheria (letteraria, pseudo-saggistica o cinematografica) e farla diventare rivelazione di criminali trame ordite da chissà quale congrega di forze oscure proiettate alla conquista del mondo. Tale revisionismo storico non è forse tanto innocuo, come dimostra il successo globale di una telenovela turca giunta ormai alla 130ma puntata: _Payitaht Abdülhamid_
In essa si riscrive la caduta del decadente impero ottomano come il risultato di una cospirazione fra le potenze occidentali al completo (Italia inclusa ma Germania del Kaiser eccettuata), più: banchieri ebrei, sionisti, massoni, liberali atei, mafia turca, Bulgari, Greci, Armeni, satanisti e agenti del Vaticano; tutti insieme appassionatamente per deporre e assassinare l’eroico sultano Abdülhamid II, campione dello Stato più giusto, santo e progressista mai esistito nella storia del mondo.
Grazie alle versioni sottotitolate o doppiate in più lingue (inglese, albanese, arabo, urdu, indonesiano) questo polpettone sta suscitando un’ondata di revanscismo pan-islamico che invoca la rifondazione del Califfato su cui non tramontava mai il sole. Non è un mistero che Sua Eccellenza Recep Tayyip Erdoğan, presidente della fu repubblica laica di Turchia e nostro turbolento vicino di casa nel Mediterraneo, incoraggi questa ed altre consimili offensive mediatiche per le quali è stato coniato il termine di “Turkish Soft Power”.
31 Dicembre 2020 il 14:05
Finalmente ripubblicato in forma accessibile su Internet un pionieristico articolo di Michael Lorenz contro le fake news in musicologia:
Süßmayr und die Lichterputzer: von gefundenen und erfundenen Quellen (Mozart-Jahrbuch 2006, 425-38)
Abstract:
This article, which is a unique mixture of scholarship and satire, deals with Franz Xaver Süßmayr’s private life and marriage plans, finally unravels Mozart’s brilliant joke about the “Englishmen who wanted to hire Süßmayr as Lichterputzer” and deals with the alarming recent phenomenon of amateur researchers who present fictitious archival sources to pass themselves off as great scholars on internet forums. This was the first publication that dealt with the phenomenon of “fake news” in musicology, based on the disingenuous use of digital media and the Internet. Published in: Mozart-Jahrbuch 2006, (Kassel: Bärenreiter, 2008), 425-38.
Link: https://www.academia.edu/28247394/S%C3%BC%C3%9Fmayr_und_die_Lichterputzer_von_gefundenen_und_erfundenen_Quellen_Mozart_Jahrbuch_2006_425_38_?email_work_card=view-paper
Purtroppo i bufalari nostrani non ne potranno godere perché la barbara lingua teutonica la masticano poco o nulla.