Nella bacheca fb del gruppo nomato ‘Musicologi’ italiani in molti reclamizzano le loro intraprese.
Fra i più assidui compare il figlio del matematico che ha scatenato una violenta campagna contro il genio vero, a favore del mancato talento di compositori a ragione scomparsi dalla storia della musica, fra i quali spicca il nostro simpaticissimo Andrea Luchesi che fece (scarsa) fortuna all’estero dopo essere stato ripudiato dalla Venezia musicale del suo tempo.
Rimarchevole l’espediente di fingersi Luchesi, segno di identificazione con il suo oggetto d’amore: bravo Taboga, che si ostina a negare una verità lapalissiana – si occupa di un mediocre -, ed eccolo qui, in uno dei suoi tanti, disastrosi commenti.
Spera forse di conquistare alla sua causa nuovi adepti? Pensa che in tanti non siano dotati di facoltà critiche e piglino per buone le sue ricerche farlocche, bocciate regolarmente dagli storici della musica?
Sanguinetti è un fior di studioso, e dunque non s’interessa di minuzie irrilevanti, mentre l’altro è il solito dilettante allo sbaraglio, al quale le reti sociali hanno concesso facoltà di parlare: tacesse sarebbe meglio!
9 Dicembre 2020 il 09:35
CINQUE PRINCIPI DI UNA SCIENZA NUOVA: LA MUSICOLOGIA PATAFISICA
1) Accumulazione di dati bruti in quantità, selezionati per “verificare” teoremi prematurati con una truffaldina parvenza di metodo statistico.
2) Storiografia romanzata di persone, istituzioni e intere epoche storiche.
3) Millantato credito di testimonianze autorevoli di cui non si può fornire l’identità (se esperti viventi) o la collocazione (se fonti documentarie).
4) Catene infinite di ipotesi autoreggenti come le calze delle ballerine di varietà.
5) Sistematica inversione dell’onere della prova.
Non si può essere astuti come serpenti e puri come colombe a corrente alternata, altrimenti la credibilità va a farsi benedire. Con che faccia poi ci si fa beffe di chi ha creduto al “mito di Mozart”, confidando con altrettanto zelo in quello di Luchesi? È il bue che dà del cornuto al cavallo; o per dirla con la parallela metafora anglosassone: A pot calling the kettle black.
10 Dicembre 2020 il 00:08
Ho conosciuto un simile “studioso” a Tel Aviv; voleva convincere gli studenti del mio istituto che Dante Alighieri era africano perché descrive la costellazione della Croce del Sud (Purgatorio I, 22-27). Gli abbiamo organizzato una bella seduta spiritica dove “Dante” ha confermato di persona la sua idea, e lo “studioso”, un italiano espatriato, se ne è tornato a casa tutto soddisfatto promettendo di mandarci un articolo quando sarebbe tornato in Messico. Perché non fate lo stesso con questo professore Taboga che vuol far parlare i morti?
13 Dicembre 2020 il 23:01
Mi chiedo a chi serva ormai continuare, da ambo le parti, con questi metodi…
Non è che facendo disinformazione su Andrea Luchesi, di cui si sa già poco, si ottenga nulla se non forse un piccolo godimento personale. Anche perchè vorrei scoprire quale studioso gli abbia mai attribuito il termine “mediocre”, che ricorda più che altro l’oggetto della novella di Puskin sul povero Salieri, a noi tramandato da una bella quanto fantastorica pellicola cinematografica… E quale studioso abbia scritto che sia stato “ripudiato” da Venezia. O che fece scarsa “fortuna” all’estero quando i fatti indicano che non la cercò – come invece gran parte dei suoi connazionali in continua ricerca di commissioni dai teatri – limitandosi a “rinchiudersi” in una cappella religiosa da cui nessuna sua musica uscisse o venisse pubblicata e divulgata, salvo rarissime eccezioni.
E’ anche inutile, a questo punto, criticare studiosi che “odiano” Mozart, se chi li critica possiede pari rancore verso Luchesi, ponendosi automaticamente allo stesso livello.
O essere studiosi oggidì impone di odiare qualcuno o qualcosa?
Cordiali saluti.
14 Dicembre 2020 il 04:21
Odio, amore, rancore, invidia, “piccolo godimento personale” e consimili passioni — rilevando di una visione dei processi conoscitivi quale si addice a psicologi dilettanti, tifosi di calcio e portinaie — rivestono un ruolo minimo o nullo nell’attività di uno studioso serio. Lei, egregio signore, continua a tirar fendenti su un fantasma creato dalla sua immaginazione, ricorrendo alla cosiddetta “fallacia dell’uomo di paglia”. A chi pone domande retoriche, se non provocatorie, non è dovuta altra risposta se non: “Fai il tuo compito a casa e poi ne riparliamo”. Se, anziché diffondersi in variazioni infinite su un _thema avariatum_ di cui si conosce fin troppo bene la provenienza, lei desiderasse farsi un’idea indipendente su Andrea Luchesi compositore e uomo del suo tempo storico, legga le ampie monografie a lui dedicate da T.A. Henseler (1937) e da C. Valder-Knechtges (1983, 1989 e 1990).
Nel caso poi che la lingua tedesca le creasse incomodo, troverà un’aggiornata sintesi bio-bibliografica nella voce curata da Silvia Gaddini per il “Dizionario Biografico degli Italiani” (2006). Eviterò di citare i numerosi contributi minori disponibili sul presente sito, visto che esso è dotato di una funzione di ricerca in alto sotto la testata. Basta digitare “Luchesi” nel campo contrassegnato da una lente d’ingrandimento.
Qualora invece la sua intenzione fosse d’impartire lezioni di correttezza etica e rigore metodologico dall’alto di una presuntuosa sedia di giudice-arbitro, consulti a questi due link le nostre dichiarazioni d’intenti e si risparmi illazioni infondate sul nostro conto.
https://www.accademiadellabufala.it/
https://www.accademiadellabufala.it/2020/11/25/quelli-che-amano-mozart/
Oppure si qualifichi, e ci dica quali siano i titoli da lei posseduti (studi musicali, incarichi didattici, ricerche, pubblicazioni) che potrebbero indurci a considerarla un interlocutore qualificato e non un libero esternatore di opinioni personali. Le ha espresse, le abbiamo comprese e vi abbiamo dato risposta, ma ora non se ne abbia troppo a male se continuiamo a trovarle povere di strumenti e del tutto irrilevanti rispetto ai nostri interessi. L’Accademia della Bufala è un progetto di ricerca, non una chat line per combattere la noia della quarantena pandemica.
14 Dicembre 2020 il 06:13
Fra i numerosi esempi (a pro di Emiliano):
Notatori Gradenigo, XXXI, 1768, 10 agosto
Andrea Lucchesi, maestro filarmonico, dalle reverende monache di San Lorenzo fu destinato per la seconda volta a dirigere li vesperi, e le messe, mediante le proprie idee, ma non troppo applaudite.
Questa è cronaca (del tempo).
Rancore verso Luchesi? si tranquillizzi, Emiliano. Luchesi non m’interessa come compositore: l’analisi, anche comparativa, dei brani storicamente attribuibili a questo signore porta in luce solamente la sua mediocrità. Naturalmente questo è un giudizio personale che solo in apparenza vale quanto quello di chi lo reputa un genio, senza però provare in alcuna maniera che abbia scritto di persona le musiche che lo renderebbero degno di considerazione, vale a dire quelle di Mozart, queste sì geniali. Siccome esistono prove inconfutabili per attribuire le composizioni ai rispettivi autori, e poiché quelle che conosciamo del Luchesi sono assolutamente banali, reputo che le tesi portate avanti nella cerchia del Taboga e dintorni siano farlocche, perché pure congetture senza la benché minima prova. Lei può vantare prove? di solito, fra ricercatori, si esibiscono e si valutano. Dunque, invece di sdottorare, cerchi di essere un interlocutore serio, altrimenti taccia.
14 Dicembre 2020 il 22:21
Se il vostro – mi permetto di rispondervi in contemporanea – sia un tentativo di scoraggiar o forse far perdere la calma, credo sia destinato a cadere nel vuoto.
Ho chiesto soltanto quali fonti storiche o musicologiche riportino la dicitura “mediocre”, magari anche leggendo tra le righe, nei confronti di Luchesi. Quelle che avete indicato, compreso l’apporto relativamente recente di Silvia Gaddini, mi sono note e non vi è traccia di tutto ciò, che è solo frutto di una vostra forzatura… anche perchè, standovi dietro, mi verrebbe da dire che quasi tutti i compositori di quell’epoca lo fossero, usando questo tranciante metro di giudizio.
Ma lasciamo la trancia ai macellai, che forse è meglio… specie per Luchesi, Mozart e chiunque altro.
Anche citare un articolo in cui si parla di sue opere “non troppo applaudite” non toglie ne aggiunge niente a Luchesi, poichè la storia della Musica è piena di insuccessi accaduti a grandi e meno grandi in ogni epoca, da Mozart a Rossini, da Wagner a Bruckner, da Saint-Saens a Stravinski. Non è il successo di pubblico, che si tratti di una chiesa veneziana (Luchesi), l’Operà parigina (Wagner) o il conservatorio di Vienna (Bruckner) a decidere per i posteri fin prova contraria.
Per il resto non son certo qui a dire che Luchesi sia un genio e Mozart no, ribaltando valori consolidati.
Poi pensate pure ciò che vi fa comodo, se vi sta bene così.
Cordiali saluti.
15 Dicembre 2020 il 02:08
Caro Michele Girardi,
dunque il signor Emiliano — che chiama “articolo” un’annotazione sul Notatorio Gradenigo (l’avrà scambiato per un quotidiano locale) — non vuole svelare la propria identità né i propri titoli per interloquire sul caso Luchesi come fa con tanto altezzosa sicumera. Continua però a distribuire lezioncine di metodo e _bon ton_ affermando a somiglianza di Mallarmé: “J’ai lu tous les livres e non ci ho trovato nulla di quanto voi dite”.
Ho la precisa sensazione che ci troviamo di fronte a un millantatore; ma prima di proporre all’Accademia di bandirlo come troll molesto e vociferante, sottopongo a questo indefesso proponente di domande retoriche quattro quesiti DI MERITO ai quali un serio cultore della materia, anche se indipendente e non provvisto di cattedra alcuna, saprebbe rispondere senza troppa difficoltà:
1) Cosa dicono Henseler e Gaddini circa gli influssi di Galuppi e dei compositori della sua cerchia sul linguaggio musicale di Luchesi; in generale e con particolare riferimento all’opera buffa _L’inganno scoperto overo il Conte Caramella_?
2) A cosa attribuisce Henseler la partenza di Luchesi da Venezia?
3) Cosa riferisce Henseler sulla totale scomparsa di Luchesi dal repertorio teatrale di Bonn dopo il 1778, a differenza di quanto accadde con altri autori italiani di opera buffa? Quali i cinque compositori che rubarono la scena al locale Kapellmeister?
4) Cosa conclude Henseler sul ruolo di Luchesi nell’elaborazione dello stile classico (anzi, lui lo chiama “neoclassico”), e come spiega la sua pronta caduta nell’oblio? Come frutto di una pangermanica _damnatio memoriae_, come sostengono i suoi autori di riferimento: Taboga junior & senior, Bianchini, Trombetta and Co:? Oppure in altro modo?
15 Dicembre 2020 il 06:22
Appunto, signor Emiliano: pensa che non conosciamo la storia della musica, e dunque non sappiamo distinguere il giudizio del pubblico dal valore reale di una composizione? il fatto è che non serve nemmeno scomodare il pubblico nel caso di Luchesi: che sia mediocre, anzitutto, lo sostengo io, sulla base di una valutazione tecnica ed estetica delle sue composizioni – e credo che Carlo Vitali possa concordare, così come tutti noi accademici della bufala. Non me ne sarei mai occupato se non mi fossi imbattuto in teorie quantomeno bizzarre, per essere gentili, su questa mediocre figura (ripeto: mediocre), ma un signore a digiuno di nozioni storiche e tecniche, e in spregio ad esse, ha formulato un’ipotesi fantascientifica sulla statura reale del Luchesi, autore ‘fantasma’ di composizioni di Mozart – e secondo il figlio, che ne celebra la memoria con altrettanta imperizia, anche di Haydn (il che renderebbe il compositore un autentico virtuoso del camuffamento). Per questo le abbiamo chiesto di farci sapere a quale titolo, signor Emiliano, lei si lancia in un vicolo cieco, sulle piste dei castelli in aria dei vari Taboga & co, che offendono la ragione: di presuntuosi dilettanti allo sbaraglio ne girano sin troppi. Leggo che non vuol ribaltare valori consolidati, e allora perché, se ritiene di avere sufficiente competenza musicale, non dice la sua in merito allo stile, al linguaggio di Luchesi? noi non odiamo nessuno, né tantomeno il povero Luchesi, che non è responsabile dei deliri propugnati da gente in cerca di un quarto d’ora di celebrità alle spese del genio autentico. Semplicemente cerchiamo di evitare che la storia sia infettata da fantascienza scadente, che eleva a sistema una manciata di pettegolezzi capziosi.
16 Dicembre 2020 il 00:30
sì, ne parlo a p. 236.
16 Dicembre 2020 il 10:23
Caro Michele Girardi,
intendiamoci pure fra noi sul termine “mediocre”. Nella semantica del postmoderno — dove il primo graffitaro di passaggio diventa uno “street artist” e uno zanzarino dal cognome russo viene esaltato quale Farinelli redivivo — tutti sono genii. E la mediocritas, fosse pure l’aurea mediocritas cantata da Orazio, viene presa come un’accusa insultante. Tutti vogliono essere definiti geniali o almeno “talentuosi” (aaargh).
Vediamola invece in modo più sobrio. Se prendiamo doverosamente atto che nel Settecento il livello MEDIO della lingua musicale italiana è davvero aureo, un Luchesi che a quel livello si mantiene con qualche punta di eccellenza e molte cadute nella routine non potremo chiamarlo “mediocre” senza offesa di nessuno? La conclusione del saggio di Henseler, se la si legge senza pregiudizio, va appunto in quel senso. E pure se così non fosse, le partiture stanno lì; le registrazioni ormai abbondano, e più il tempo passa, più le smisurate iperboli della setta taboghiana naufragano nel ridicolo.
Bastano gli occhi per leggere e le orecchie per ascoltare.