Negazionismo, fake-news, post-verità sono espressioni ormai assunte nel vocabolario comune. Può essere interessante vederne un’icastica rappresentazione, nell’ambito storico-musicale, grazie a una veloce scorsa a questa pagina.

In una silloge di mirabile plasticità, abbiamo tutti gli elementi fondamentali della subspecie bufalara, riassumibile nel caso specifico nella sigla «no-Mozart»:

  1. Ignoranza totale travestita da dubbio criticamente inteso («Premettendo che non ho letto i due volumi su Mozart in questione, ma vedrò di farlo quanto prima, credo che qualunque figura mitizzata non abbia nulla a che vedere con la persona esistita storicamente»)
  2. Paralisi dell’argomentazione travestita da equidistanza da ipotesi diverse («L’accanimento che hanno ricevuto gli autori di questo libro in due volumi dimostra che forse c’è dell’altro»)
  3. Millenarismo post apocalittico/vittimista («Lei è vittima solo di se stesso, mi creda. Io di nessuno.»)
  4. Scarico dell’obbligo dimostrativo dalla bufala alla scienza («Bene, scriva un libro anche Lei in cui confuta riga per riga le tesi dei due autori»)
  5. Confusione di ambiti: siccome se ne parla, non importa dove, allora almeno un fondo di verità esiste («Sarà falso per lei ma visto che ancora dopo anni se parla, visto e considerato il continuum di info, attacchi a questo libro l’attenzione è stata suscitata»)
  6. Annullamento dell’autorevolezza [i. e. equivalenza speciosa tra autorevolezza e autoritarismo] («Lo inseriamo [saggio su Rivista di Classe A] per dimostrare che noi accogliamo sia l’aspetto positivo che quello negativo».)
  7. Aggiramento dei problemi («Resta il fatto che l’opera è in ogni caso interessante e suscita attenzione»)

Quindi, le frasi citate e le relative posizioni “culturali” si qualificano come:

1. Dogmatismo: non mi documento perché ho già una verità postulata

2. Complottismo: se qualcuno reagisce con fermezza contro affermazioni assurde lo fa non per amore di verità, ma per interessi occulti

3. Egolatria: solo io capisco le cose, solo io sono libero

4. Paradosso democratico della vittima e del carnefice: a entrambi la stessa dignità, a entrambi il medesimo riconoscimento culturale

5. Equivalenza e indifferenza delle fonti: Accademia dei Lincei e Instagram sono ugualmente luoghi deputati e qualificati per esprimere pareri storici, scientifici, culturali

6. Estraneità totale all’ambito di discussione, ricerca, analisi: come sopra

7. Ignoranza di metodo e merito: se ne parlate vuol dire necessariamente che le tesi sono  interessanti.

A fronte di tale smagliante dichiarazione di inconsistenza, certo più comica che preoccupante, sarà appena il caso di notare che l’interesse dell’Accademia della Bufala per queste e altre bestialità non è né mai è stato per le tesi in sé, squalificate in partenza e non recepite da alcuno, ma per il fenomeno di possibile deriva culturale e civile che potrebbero innescare, questo sì da sorvegliare ed evitare con attenzione.

Lo stesso fenomeno di possibile deriva culturale che indichiamo con questo breve scritto.

CHIOSA di Carlo Vitali

L’impresa che i “Nuovi Musicologi” si sono assunti a partire dal compianto matematico Giorgio Taboga è pari a quella di un pubblico ministero il quale abbia formulato un’ipotesi di reato; nel caso specifico: che il sommo genio musicale Andrea Luchesi sia stato depresso con mezzi obliqui e criminose cospirazioni fino alla postuma damnatio memoriae. Tutti possono rendersi conto che questa è la loro ipotesi di lavoro, ossia scenario investigativo. La loro lista degli indiziati di reato è molto corposa; non così le motivazioni dell’accusa che si basano su iperboli, fonti taroccate e fallacie logiche travestite da “scienza” in stile Dagospia, dunque generiche, arbitrarie e scarsamente falsificabili. Nessun giudice terzo le accetterebbe, a meno che non fosse egli pure prevenuto in egual direzione, e questo è appunto il riflesso tribale di fiancheggiatori e fans chiaramente inesperti della materia. Tutti periti di parte, pubblici ministeri e giudici del merito che non si scomodano a leggere gli atti perché la “verità” è evidente ai loro bisogni psichici profondi e alla loro volgare concezione del mondo.  

Invece nel vigente sistema giudiziario italiano che si basa sul contraddittorio delle parti (processo accusatorio e non più inquisitorio come un tempo), continua a gravare sul PM l’obbligo di svolgere accertamenti anche su fatti e circostanze a favore dell’indagato (art. 358 cpp), il che significa che deve compiere ogni attività necessaria ai fini indicati nell’art. 326 cpp. Quindi, qualora all’esito delle investigazioni figurino elementi tali da far intravedere in via prognostica un orizzonte assolutorio, il PM deve optare per la richiesta di archiviazione.

Costoro si comportano insomma come un accanito inquisitore di antico stampo, motivato ad interpretare ogni minimo indizio come prova di reità a carico dell’accusato ricorrendo se del caso alla tortura (solo dei fatti e non delle persone, per fortuna). Oppure come un avvocato difensore o un avvocato di parte civile, che per far trionfare la causa del suo cliente in sede di dibattimento può lecitamente – s’intende entro certi limiti – utilizzare il metodo di selezionare le prove, screditare l’attendibilità o la moralità di testimoni e parte avversa, insinuare suggestioni calunniose…

Restando nei limiti della metafora, chi pubblica uno scritto dove si mettono sotto accusa i risultati accumulati dalla comunità scientifica internazionale in secoli di ricerca e dibattito aperto deve attendersi di raccogliere opinioni tanto favorevoli quanto contrarie. Purché siano ragionevolmente argomentate, ognuno dovrebbe valutare con onestà intellettuale le une e le altre; non già deformare le seconde mettendosi a parlar d’altro. Penosamente rivelatore in uno dei commenti qui citati il richiamo ad Anatolij Fomenko, altro matematico che pretende di riscrivere la storia universale coi teoremi. A quelli come lui si può applicare il classico “rasoio di Hitchens”: Quod gratis asseritur, gratis negatur.