di Carlo Vitali, con Mario Tedeschi Turco e Michele Girardi
Nel Decalogo del Perfetto Bufalaro sta scritto al punto 10: [omissis] “Fai stampare a pagamento i tuoi lavori presso tipografie di provincia o, ancor meglio, compra un ISBN da qualche agenzia di print-on-demand che si appoggia a una branca di Amazon; poi pubblicizzali sul Web e scrivi tu stesso recensioni entusiastiche sotto falso nome. Ai recensori meno amichevoli rimprovera di non avere letto il libro. Ai dubbiosi consiglia di leggere il libro. In hoc signo vinces!”
Dalla costante applicazione di tale principio consegue un curioso paradosso della Teoria Critica. Chi esalta fino alle (cinque) stelle il libro e i suoi autori è un lettore imparziale, ma chi ne sconsiglia l’acquisto basandosi sulla fiducia nel recensore è senza dubbio un odiatore adepto della Mafia. Aspettate a ridere: questa è letteralmente la “filosofia” degli autori stroncati e relativi fiancheggiatori. Un assaggio:
Cinque anni fa questo piazzista di fantomatici best-sellers ci paragonava a neo-nazisti, topi di fogna e allievi del dottor Goebbels; ora la sua vis polemica sembra alquanto placata, sicché ci derubrica a imitatori di un certo meno spregevole eroe di Cosa Nostra: Alphonse Gabriel Capone, detto Scarface. Grazie della finezza; passeremo l’elogio a un legale di fiducia, e nel frattempo offriamo qualche aggiornamento sulle reazioni del mercato alle copernicane rivelazioni della cosca di Sondrio. Visto il fenomenale ritorno di pubblico (2 recensioni di acquirenti certificati in 5 anni, di cui una stroncatura) l’editrice YouCanPrint ha ricatalogato il primo best-seller della saga antimozartiana nella categoria che più gli si addice: FICTION GENERALE
Ma niente paura: con eroico sprezzo del ridicolo è uscita nel 2020 anche la “inglisc verscion” del primo volume: The Fall of The Gods. Part I, traduzione degli Autori corretta dalla professoressa Iole Dei Cas, docente all’Istituto d’Istruzione Superiore “Alberti” di Bormio (Sondrio), e riveduta dal noto “debunker” scozzese Robert Newman, loro compagno di merende da lunga data. Un’occhiata alle primissime pagine è sufficiente per pescare alcune perle nere; e d’altronde se la bufala è inacidita non occorre mangiarla sino in fondo per decidere di buttarla nella pattumiera. L’abbiamo acquistata? Non ancora; ma grazie alla munificenza dell’editrice YouCanPrint ne abbiamo consultato il preview di una ventina di pagine, disponibile a questo indirizzo:
p. 11: “Alfred Einstein, cousin of the famous physicist and Mozart’s scholar“. Recte: “Mozart scholar” perché Einstein non era una proprietà privata o un impiegato di Mozart, bensì un eminente studioso di Mozart (e di molto altro). Dunque il genitivo sassone qui non ci azzecca proprio.
p. 21: A proposito dei genitori di Mozart apprendiamo sgomenti: “His mother was of Baden then of Augsburg, where they both lived“. La madre di Mozart, Anna Maria Pertl, era nata a Sankt Gilgen nel Salisburghese, quindi ben lontano dal Baden, e non visse mai col marito Leopold ad Augsburg (Augusta), che sta in Franconia. Non ce la raccontano giusta; o forse hanno scoperto la verità sempre nascosta dalla musicologia ufficiale?
p. 22: “From a historical point of view, it was the primary interest of Emperors after the Aachen peace to control music production“. Sono due sfondoni in uno.
Sfondone storico: Proprio dopo il 1740, la spending review instaurata da Maria Teresa e successori in conseguenza dei continui e gravosi impegni militari (guerre di successione austriaca, polacca, bavarese, guerra dei Sette Anni, guerra austro-russo-ottomana) ridusse da 130 a circa un ventina i membri stabili della Hofkapelle, le cui retribuzioni subirono un taglio generalizzato. In parallelo all’affievolito ruolo della corte imperiale nell’indirizzo della vita musicale viennese, decollarono i concerti nei palazzi dell’alta nobiltà, le associazioni filarmoniche private, i teatri impresariali, l’industria editoriale impegnata a rifornire il dilettantismo alto e basso. Meno Corte e più Mercato, per condensare il processo in una formuletta comprensibile ai signori negazionisti.
Sfondone geografico: Quella che in italiano si chiama “pace [o trattato] di Aquisgrana” (1748) e in tedesco “Frieden von Aachen”, è conosciuta in inglese come “Treaty [or Peace] of Aix-la-Chapelle“. La città è sempre quella, il descrittore toponomastico varia da una lingua all’altra, ma ai nostri riscrittori della storia la geografia fa spesso difetto. Già sappiamo che per loro Dresda sta nella “Germania meridionale” e che Köln ossia Colonia (in inglese Cologne) sulla loro dotta tastiera diventa “Cologna“. Di tutto ciò sia trova ampia testimonianza negli Atti dell’Accademia della Bufala; ad esempio qui.
Sempre a p. 22 troviamo infatti: “Idomeneo, unknown to everybody, was represented only in Monaco” [sic per Munich]. Anche qui doppio sfondone: quello musicologico è ammannito da Piero Buscaroli, debitamente citato in nota; la bufala geografica è opera di Bianchini & Trombetta, passata indenne attraverso la duplice accurata revisione Dei Cas/Newman. In inglese “Monaco” indica il principato sovrano dalle parti della Provenza, con capitale Montecarlo. Quanto all’Idomeneo, dopo la prima monacense del 1781 fu ripreso a Vienna nel 1786 al palazzo del principe Auersperg, in una stesura riveduta e diretta dall’autore. Dall’originaria versione furono presto ricavati alcuni apografi ad uso di nobili dilettanti come i conti Maximilian Clemens von Seinsheim e Franz Ludwig von Hatzfeld. Nel 1783 la Marcia (n. 8) fu inclusa in una cantata scritta per la corte svedese da Johann Martin Kraus. Dunque l’opera non era proprio “unknown to everybody” nemmeno prima dell’editio princeps di Lipsia (1797); tant’è vero che Paisiello, di passaggio a Vienna nel 1784 di ritorno dalla Russia, la “dimandò al Mozart per istudiarla”. Lo testimonia Giuseppe Antonio Bridi, che alcuni indizi suggeriscono quale interprete del ruolo eponimo nella citata ripresa viennese di due anni dopo. Ma naturalmente Bridi era un roveretano, quindi un “tirolese” traditore della Patria italica proprio come il suo amico Giacomo Gotifredo Ferrari, allievo di Paisiello ed estimatore di Mozart. Dunque, secondo il canone sondriota, entrambi falsi e bugiardi a maggior gloria degli Asburgo e del Terzo Reich.
Amico Lettore, dopo aver fiutato la testa del pesce sei ancora del parere di acquistarlo al modico prezzo di $ 37.79? Lungi da noi sconsigliarti. Caveat emptor, il principio del diritto romano citato dal dotto collega d’Oltreoceano convenientemente lasciato anonimo dall’imbufalito dr. Bianchini [qui una sua concisa biografia], è solo un mite richiamo al tuo senso di responsabilità ecologica. Ti basta per chiamarlo “odiatore”?
10 Febbraio 2021 il 21:42
Il Sig. Bianchini ha tradotto male il mio commento: Per lasciare un commento sono stato costretto ad assegnare un numero di stelle. Ha anche omesso la mia frase finale, un invito a leggere le critiche dei musicologi italiani che ho citato – critiche che dettagliano molti errori nel libro. Vorrei aggiungere che, a differenza dell’altro revisore, ho firmato il mio nome, che non e’ Al Capone. Lo faccio di nuovo, David Rosen, professore emerito di musica, Cornell University.
11 Febbraio 2021 il 11:51
“Leave the gun. Take the cannoli”, come consiglia il sicario Peter Clemenza nel film _Il Padrino_. Questa ridicola sparata dei signori Bianchini, Trombetta e seguaci contro un membro eminente della comunità musicologica internazionale dimostra che: 1) Essi non ne fanno parte; 2) il loro inglese è fermo a Brucculino (Brooklyn) anni 1930; 3) se l’insulto raffinato è un’arte, essi la ignorano al pari di tante altre arti e scienze che pretendono di insegnare al mondo.