di Carlo Vitali e Michele Girardi
Non pare che l’appello abbia riscosso molta attenzione fra gli specialisti; ma noi, da modesti “generici” della ricerca storica, ci permettiamo di consigliare all’egregio trombettiere neoborbonico e antimozartiano, storico a tempo perso, una lettura piuttosto vecchiotta: Cornelius Walford, An Outline History of the Hanseatic League, More Particularly in Its Bearings upon English Commerce, in: “Transactions of the Royal Historical Society”, Vol. 9 (1881), pp. 82-136. A p. 98 dell’articolo si elencano numerose città portuali europee – fra cui tre italiane (Messina, Livorno e Napoli) – che “erano in rapporti con la Lega [Anseatica], ma senza responsabilità né rappresentanza nella sua Dieta“. In altre parole: qualche mercante anseatico avrà saggiamente aperto un magazzino di import-export in queste città; tutto il resto è arbitraria illazione.
Testo originale: “The following cities were also connected with the League, but did not have representation in the Diet, nor responsibility: Amsterdam, Bordeaux, Lisbon, Ostend, Antwerp, Cadiz, London, Rotterdam, Bayonne, Dort, Marseilles, Rouen, Bruges, Dunkirk, Messina, Seville, Barcelona, Leghorn, Naples, St. Malo.” [1]
Su tanto fragili basi, chiamare Napoli “città anseatica” sarebbe come sostenere che Venezia faceva parte dell’Impero Ottomano perché ospitava il “Fontego dei Turchi”, tuttora visitabile. O che oggi la Campania sia una colonia della Repubblica Popolare Cinese perché nei dintorni della stazione ferroviaria di Napoli Centrale proliferano le imprese commerciali gestite dai figli del Paese di Mezzo.
Primaria fonte della bufala, che ormai dilaga senza ulteriori dettagli in una quantità di siti e sitarelli, sembra essere una pagina web della Guardia Costiera napoletana, rispettabile istituzione dove però non risultano abbondare i cultori di scienze storiche [2]. “Nel periodo di dominazione normanna il porto ottenne grandi successi tanto da risultare l’unico in Italia ad entrare nella Lega Anseatica nel 1164”. Grandi successi? L’unico in Italia? Proprio nel 1164? E dove sta uno straccio di pergamena che lo attesti? Scrive invece un celebre economista dell’Ottocento, Melchiorre Gioja (Piacenza 1767 – Milano 1829): “La lega anseatica stabilita nella città di Brema nel 1164 fiorì dal XIII al XVII secolo in cui cominciò la sua decadenza” [che in verità era già iniziata nel Quattrocento, ndR]. Di Napoli però non si fa motto [3]. Come vede, illustre maestro, non è avaro il “motorino di ricerca”; è lei che non sa navigare oltre le colonne del Mar delle Bufale.
Ma allora, ci dirà qualche seguace del prode Paracuollo, è tutto chiaro: la perfida Albione e l’invidiosa Padania sono da sempre alleate per sbianchettare i primati della nostra insuperabile civiltà napoletana. E se quella volta su Napoli regnavano prima i Normanni e poi gli Svevi – ma la capitale stava a Palermo, ahinoi! – cosa volete che sia? Voi Piemontesi ci avete rubato tutto.
[1] http://www.cultus.hk/hist/readingsBaltic/History%20of%20the%20Hanseatic%20League.pdf
[2] https://www.guardiacostiera.gov.it/napoli/Pages/storia.aspx
[3] Nuovo prospetto delle scienze economiche […], Milano, Pirotta, 1815, tomo I, p. 96. Consultabile online all’indirizzo: https://books.google.it/books/about/Nuovo_prospetto_delle_scienze_economiche.html?id=07eRpFb3bV8C&redir_esc=y
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